Cabernet Sauvignon Collezione De Marchi, il SuperCab (2)

Prosegue la nostra chiacchierata iniziata ieri con Paolo De Marchi di Isole e Olena.
DoctorWine: Stavamo parlando del suo Cabernet Sauvignon. Ha qualche riferimento in giro per il mondo per il cabernet?
Paolo De Marchi: Mi piacciono i vini buoni del mondo, ma come riferimento ho le nostre uve con la loro espressione di cosa siamo stati capaci di fare in quella particolare annata, sempre unica.
DW: A suo parere il termine Supertuscan si addice a vini come il suo Cabernet?
PDM: Non sono mai stato innamorato di questo nome. Oggi viene percepito dal consumatore internazionale come l’assemblaggio sangiovese/bordolesi e da quello italiano come una ambiziosa furbata. La storia vera è che Supertuscan indica un vino di qualitàsuperiore e di un prezzo superiore a quelle Doc concepite con disciplinare errato. I vini chiamati Supertuscan nacquero come reazione da parte dei migliori produttori a disciplinari che tutelavano chi lavorava male. Ma c’è un forte equivoco di fondo.
DW: Quale?
PDM: Che Supertuscan non dice cosa è quel vino, ma cosa non è: non è un vino Doc.
DW: Erbaceo quasi assente e sfumatissimo, note floreali accanto ai frutti neri, tannino robusto e terroso ma saporito: è questo l’identikit del grande Cabernet chiantigiano?
PDM: Direi di sì. Aggiungerei che è un vino chiantigiano anche per la sana acidità che dona trasparenza e sostiene il palato. Questo marchio di zona risulta evidente in assaggio comparativo Cabernet del Chianti/Bordeaux. In quel caso il più basso pH dei Cabernet del Chianti emerge in tutta la sua evidenza.
Ed eccoci alla degustazione del Cabernet Sauvignon.
Il primo vigneto fu sovrainnestato, con materiale massale proveniente da vigneti eccelsi di Bordeaux, su una vigna vecchia di canaiolo nel 1984. Successivamente nel 1987 fu impiantato un nuovo vigneto, sempre a cabernet sauvignon, cui seguirono altri piccoli appezzamenti negli anni Novanta, stavolta con l’aggiunta di piccole quantità di cabernet franc, merlot e petit verdot.
Le viti sono potate a guyot semplice e si nutrono di un terreno argillo-calcareo e argillo-scistoso, il galestro, con una densità d’impianto che va da 4.000 a 7.300 viti per ettaro.
La macerazione avviene in tino di legno di rovere francese, con rimontaggi e délestage, e svinatura dopo 28-30 giorni.
L’affinamento è in barrique di rovere francese, con circa il 50% di legno nuovo, per 24-30 mesi, a secondo dell’annata. L’imbottigliamento è generalmente a 3 anni di età, con successivo affinamento in bottiglia, solitamente di almeno 2 anni.