Il Viccotto, il grande mistero dell’enogastronomia marchigiana

di Francesco Annibali 04/11/20
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Il Lorese callara

Per legge non è un vino bensì un “prodotto tradizionale” ma nelle mani giuste può essere un vero gioiello enoico.

“Viccotto”, crasi di “vino cotto”, ovvero il grande mistero dell'enogastronomia marchigiana. Penalizzato da una qualità media francamente modesta, da temperature di servizio quasi sempre errate (va bevuto fresco, come un bianco importante) e soprattutto da un posizionamento merceologico poco chiaro (per legge non è un vino ma un generico “prodotto tradizionale”: insomma non si sa bene cosa sia), è un prodotto che, nelle mani giuste, può essere realmente eccezionale.

Il grande Viccotto sa toccare vertici di complessità e piacevolezza ragguardevoli, mantenendo una fisionomia sempre nettamente rustica, familiare, colma di calore, una fisionomia in bianco e nero, che ti racconta la campagna del Dopoguerra meglio di un capitolo di Vino al Vino di Soldati.

Figlio della “pancia” della regione, quella campagna maceratese silenziosa e ignota ai più nella quale tutti i caratteri della marchigianità – la laboriosità e la diffidenza, la serietà e la ritrosia al cambiamento, l’imprenditorialità senza promozione – vengono sublimati, il Viccotto ha in Loro Piceno, a 15 minuti di auto da Macerata, il centro di produzione storico, con atti notarili che ne certificano la produzione dal Medioevo.

Un po’ Sherry, perché i Viccotto in maturazione in legno vengono sempre mescolati tra loro; un po’ Aceto, perché le botti nelle quali matura non sono mai pulite del tutto e mantengono sempre un fondo di fecce ultradecennali che fungono da madre; un po’ tanto figlio della mezzadria, perché i padroni lasciavano ai contadini le uve meno mature e sane che non avrebbero sopportato una vinificazione normale. Meno centrata l'analogia col Madeira, che prevede il riscaldamento del vino finito, mentre nel Viccotto viene portato in ebollizione - dunque non semplicemente riscaldato - il mosto. Ed è questo il motivo per cui legalmente il Viccotto non è un vino.

Non sono molti i produttori di livello di questo prodotto artigianale delle “Marche sporche” (ma c’è una piccola produzione anche in Abruzzo), che nelle mani peggiori proviene dalla cottura frettolosa di mosti concentrati comprati in sud Italia, e nelle migliori da cotture lente e vigne fitte e ben esposte, perché per fare un grande Viccotto serve anzitutto un’uva matura.

Come quelle di Simone Forti, titolare dell’azienda Il Lorese, uno dei migliori produttori di Viccotto non solo della zona di Loro Piceno. “In vigna abbiamo le varietà tipiche della zona nostra, sangiovese, montepulciano e trebbiano toscano. Le curiamo come per fare qualsiasi altro vino, tanto che a breve dalle stesse vigne inizierò anche una produzione di vini ‘normali’”.

Doctorwine: quali sono i procedimenti fondamentali per fare un Viccotto di alto livello?

Simone Forti: anzitutto bisogna utilizzare solo il mosto fiore, e questo mosto fiore deve bollire delicatamente, altrimenti il Viccotto saprà di caramella bruciata al palato. Poi la stanza di cottura deve essere ben aerata, altrimenti il Viccotto assorbirà eccessive note di fumo dovuta alla legna che arde. Ma un tocco di fumo ci vuole, perché dona un timbro familiare. 

DW: quanto dura la cottura del mosto?

SF: di norma occorrono 16/17 ore per arrivare a 29-31 di gradi Babo dai 19 di partenza, e si fa sempre in callare di rame da 5 ettolitri. Durante la cottura ovviamente non si concentrano solo gli zucchero, ma il mosto perde circa la metà del proprio peso. Ma il momento più delicato è quello della fermentazione alcolica.

DW: perché?

SF: la cottura diretta uccide i lieviti presenti naturalmente nel mosto, e per fare partire la fermentazione serve un piede di fermentazione, che è del normalissimo mosto fresco, non cotto, nel quale la fermentazione è già partita spontaneamente. Poi la fermentazione del Viccotto va sempre monitorata, perché gli arresti di fermentazione sono molto comuni, e se non aggiungi subito dell’altro piede di fermentazione il prodotto finale avrà una volatile mostruosa, qualcosa di più simile ad un Aceto Balsamico che ad un Viccotto.

DW: quindi, se non sto attento, nelle cantine più fredde corro il rischio che la fermentazione non parta nemmeno, e alla fine esca fuori della sapa (che è un mosto concentrato tramite cottura diretta usato come condimento, ma senza fermentazione alcolica, ndr) invece che del Viccotto.

SF: esatto. Andando avanti, la fermentazione prosegue fino a gennaio e viene svolta sempre in legno grande. Al termine effettuo un travaso grossolano, lascio il Viccotto sulle fecce e lo sposto dentro botti che contengono fecce decennali, che fungono da madre, come per l’aceto, danno nutrimento e complessità al prodotto. Al termine imbottiglio con una lieve filtrazione per Il Lorese, mentre le selezioni non sono filtrate.

DW: quali sono i maggiori problemi del Viccotto?

SF: due sono grandissimi: la qualità media e la mancanza di un disciplinare. Un peccato, perché un Viccotto di alto livello è qualcosa di eccezionale e credo sinceramente che io e altri 2-3 produttori della mia zona lo stiamo dimostrando. Non esiste niente di meglio con la pasticceria secca o come fine pasto

Vino Cotto Stravecchio Il Lorese n.m. 

92/100 - € 16,50 (bt. da 0,750 lt.)

Da uve sangiovese, montepulciano e trebbiano toscano. Cottura del mosto a fuoco diretto, maturazione in botti grandi con metodo Solera per circa 7 anni. Mogano profondo con bordo giallo. Al naso prugna e caramello, liquirizia dolce. Dolce e corposo al palato, vibrante per la volatile che resta sempre fusa, finale dolce, potentemente balsamico ma anche fruttato con note di prugna, estremamente lungo. Dopo la deglutizione emergono note di caffè amaro. 

Vino Cotto Riserva Dieci Anni Decimo n.m. 

94/100 - € 21 (bt. da 0,375 lt.)

Da uve sangiovese, montepulciano e trebbiano toscano. Cottura del mosto a fuoco diretto, maturazione in botti di medie dimensioni con metodo solera per circa 10 anni. Mogano profondo con bordo giallo e riflessi rame. Profumi di iodio, prugna secca, vaniglia, caffè amaro. In bocca è dolce e vibrante, di lunghezza eccezionale. Dopo la deglutizione emergono note di caffè amaro e spezie. Persistenza di vari minuti. Un Viccotto monumentale, di grande complessità. 

Vino Cotto Riserva Varco 41 n.m. 

96/100 - € 22 (bt. da 0,375 lt.)

Da uve sangiovese, montepulciano e trebbiano toscano. Cottura del mosto a fuoco diretto, maturazione in botti di medie dimensioni con metodo solera per circa 14 anni. Mogano orzo profondo. Al naso caffè e miele di castagno, balsamico, più austero e scontroso del Decimo e appena meno complesso. Corposo al palato, dolce e vibrante, finisce su note di liquirizia, miele di castagno, frutta secca. Consueta persistenza piacevolmente amarognola di molti minuti. Reggerebbe il confronto con un grande Madeira Malmsey. Fantastico. 

Vino Cotto 1970 (campione da botte) 

97/100 – prezzo non ancora stabilito

Da uve sangiovese, montepulciano e trebbiano toscano. Cottura del mosto a fuoco diretto, maturazione in botte di piccole dimensioni dall’inverno 1971. Color caffè con riflessi mogano. Yenebroso al profumo, camino spento, polvere di caffè, pelle. Dolcissimo, violentemente sapido, finisce su note di orzo bruciato, camino spento, ferro. Sembra di vedere “La Polenta Marchigiana” di Cesare Peruzzi (che potete ammirare a Palazzo Buonaccorsi, in centro a Macerata). La data di imbottigliamento e commercializzazione non è stata ancora decisa. Brividi. 

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