I vini rosa, istruzioni per l’uso

Appunti dalla lectio magistralis di Angelo Peretti in occasione di Drink Pink, Think Pink! organizzato da Ais Verona.
In attesa dell’evento Anteprima Chiaretto del Consorzio di Tutela Chiaretto e Bardolino, i prossimi 10 e 11 marzo a Lazise in Dogana Veneta, voglio provare a riassumere quanto appreso e approfondito in questi ultimi mesi sui vini rosa nella speranza di fare chiarezza e garantire il giusto spazio a una categoria di vini ancora troppo di nicchia.
L’ispirazione viene da Ais Verona in occasione della degustazione Drink Pink, Think Pink! dello scorso 7 febbraio. In regia Franca Bertani e Paolo Bortolazzi di Ais Verona; a condurre in maniera impeccabile la lectio magistralis Angelo Peretti.
I vini rosa
“Cominciamo col dare il giusto nome alle cose e chiamiamoli vini rosa”, questa la premessa di Peretti. Non si tratta solo di una scelta politicamente corretta per uniformare la dicitura a vino rosso e vino bianco, ma una doverosa codifica di un linguaggio che, almeno fin’ora, ha creato,non pochi fraintendimenti.
Immaginatevi la categoria “vino rosa” come un grande ombrello; al di sotto di questo ombrello, a tenerli uniti, ci sono tanti singoli individui. Ognuno di essi ha caratteristiche specifiche che contribuiscono a renderlo unico e diverso da tutti gli altri. Questi individui vengono da tutta Italia, nord, centro e sud, hanno genitori diversi e storie di vita differenti. Alcuni sono parenti o al massimo vicini di casa, altri non si sono mai incontrati in vita loro. Questi individui hanno anche nomi diversi tra loro ma una cosa hanno in comune, sono tutti vini rosa. Proviamo a conoscerne qualcuno da vicino toccando il nord, il centro e il sud e capire perché vino rosa è corretto mentre altri termini vengono usati erroneamente.
Il Chiaretto
Se questo articolo serve per arrivare preparati all’Anteprima del Chiaretto va da sé che il Chiaretto deve essere un vino rosa, ed è vero. Per Chiaretto intendiamo il vino prodotto sul lago di Garda e che generalmente prevede macerazione prefermentativa breve o a freddo e vinificazione del mosto in bianco. Va bene lo stesso se lo chiamiamo vino rosato? La risposta è no, rosa e rosato non sono sinonimi. Il vino Rosato, come il Chiaretto, è un vino rosa, ma il vino rosa non è necessariamente Rosato.
Il Rosato
Rosato è, a tutti gli effetti, una denominazione ed è questo il motivo per cui è improprio usarlo per identificare una categoria di vino. Per capirci è uno degli individui sotto l’ombrello, NON è l’ombrello. Questa parola la troviamo in diverse Doc (tra le più famose dal sud Italia: Salento Rosato, Salice Salentino Rosato, Castel del Monte Rosato e Cirò Rosato) e spesso fa riferimento a uno specifico tipo di vinificazione che prevede un brevissimo inizio di fermentazione in presenza delle vinacce da cui viene separato il mosto non appena si alza il cappello. Ciò che si estrae è mosto fiore e continuerà a fermentare in bianco (= senza bucce).
Il Cerasuolo
Se ci spostiamo in centro Italia incontriamo il Cerasuolo d’Abruzzo. Ancora una volta chiediamoci: è un vino Rosato? No (banalizzando: non ha la parola rosato nella denominazione, quindi non ci sono dubbi). È un Chiaretto? No, si produce per salasso da uve montepulciano, e poi siamo lontani dal lago di Garda. È un vino rosa? Si, e per la precisione è color cerasuolo.
E i Rosé?
Colpo di scena… questa volta rosé e rosa sono sinonimi! Ma non cantate vittoria troppo presto, perché più precisamente rosé e rosa sono uno la traduzione dell’altro. Quindi, anche in questo caso, dobbiamo limitarci a chiamare rosé solo i vins français e rosa i nostri, altrettanto straordinari, prodotti nazionali.
Il rischio che invece di fare chiarezza io abbia creato ancora più confusione è alto, ma questo dipende dal fatto che il vino rosa è un vino a tutti gli effetti, difficile da fare e che necessita di importanti interventi specifici a partire dalla gestione del vigneto. Se questo non fosse sufficiente a convincervi della sua importanza e dell’attenzione che merita ecco i vini presenti alla degustazione Ais a ulteriore testimonianza della ricchezza e varietà di vini rosa che abbiamo in Italia e che ancora poco conosciamo.
Bardolino Chiaretto 2016 Poggio delle Grazie
89/100 - € 13
Da uve corvina 70%, rondinella 30%. Macerazione a freddo 8-10 ore, affinamento in acciaio sui lieviti per 3 mesi. Classico colore rosa chiaro. Al naso sprigiona sensazioni di erbe aromatiche, con accenni balsamici e a tratti perfino piccanti. La bocca è tensione pura, a testimonianza (e qui cito Peretti) che “i vini del lago di Garda sono vini di montagna… franata”, ma pur sempre suolo di montagna è.
In degustazione a sorpresa anche l’ultimo esperimento dell’azienda gardesana. Ovvero un prototipo di Chiaretto frizzante, un metodo ancestrale tutto da scoprire.
Valtènesi Riviera del Garda Classico Chiaretto Portese 2017 Le Chiusure
88/100 - € 8
Da uve groppello con barbera e sangiovese. L’uva raffreddata viene riposta direttamente in pressa, a conferma di una macerazione pre-fermentativa breve. Colore rosa cipria carico. Naso rotondo e fruttato, in bocca corrisponde con in aggiunta la “solita” nota salata; complessivamente molto fruttato e meno nervoso del Chiaretto vicino di casa, o, sarebbe meglio dire, di sponda.
Cerasuolo d’Abruzzo 2017 Cataldi Madonna
90/100 - € 10
Da uve montepulciano. Affinamento in acciaio. Si cambia marcia e le sensazioni sono come amplificate. Non posso dire che il merito sia solo del montepulciano, sarebbe troppo banale. Sta di fatto che questo Cerasuolo si è manifestato ovviamente più carico di colore (appunto cerasuolo) e molto complesso: fruttato, floreale, salato, aromatico e perfino balsamico (ma senza esagerare). Un piacere farlo scaldare nel bicchiere e tornarlo a trovare, di tanto in tanto.
Castel del Monte Rosato Pungirosa 2017 Rivera
85/100 - € 6
Da uve bombino nero, una varietà che tende a una maturazione non uniforme che si presta alla produzione del rosato. Colore buccia di cipolla con riflessi rosa. Al naso profuma di viole e frutti maturi, più gialli che rossi. L’acidità in bocca non manca a conferire freschezza e facilità di beva.
Questa Doc porta il nome del famoso Castello ottagonale, voluto da Federico II di Svezia e raffigurato sulla moneta da 1 cent di euro.
Salice Salentino Rosato Le Pozzelle 2017 Candido
89/100 - € 9
Da uve negramaro 95% e malvasia nera 5%, come tradizione vuole. Circa 20 ore di macerazione. Inconfondibile il colore, tipico dei rosati pugliesi. È corallo, intenso e brillante. Profuma di rosmarino e fiori di lavanda, le note al naso sono fresche, come fresco risulta anche all’assaggio.
Cirò Rosato 2017 Librandi
88/100 - € 6
Da uve gaglioppo, salasso e breve macerazione. Intenso colore buccia di cipilla, al naso ricorda la pesca tabacchiera che, solo in un secondo momento, fa spazio a qualche accenno più erbaceo e meno dolce. L’attacco in bocca trasmette una sensazione di dolcezza, sebbene secco, tanto è spiccata la sensazione di frutto succulento, ma ciò che rimane in bocca sono freschezza e pulizia.
Presenti anche tre rosé (francesi, ovviamente, se siete stati attenti a quanto ho scritto): Cuvée Château Rosé Cru Classé 2017 Château Sainte Marguerite, un vino che ha il solo difetto di finire in fretta. La Grande Cuvée 2017 Domaine Lafage, inconfondibile, ho ricordato subito di averlo bevuto in dicembre, e confermo la mia propensione nei confronti di questo vino. Infine, Tavel 2016 E. Guigal, forse quello che mi ha incuriosita di più, non vedo l’ora di poterlo assaggiare di nuovo e scoprire che futuro avranno quelle note di amarena così spiccate che se chiudo gli occhi le sento ancora al naso e in bocca.