Romagna Sangiovese, la nuova frontiera
L’uso delle sottozone in etichetta cresce di pari passo con una complessiva crescita qualitativa della produzione.
Serra, Brisighella, Modigliana, Marzeno, Oriolo, Castrocaro, Predappio, Meldola, Bertinoro, Cesena, San Vicinio, Longiano. Non sono le fermate intermedie di un ipotetico regionale che va da Imola a Rimini. Sono le sottozone del Romagna Sangiovese che sono state inserite nel disciplinare di produzione fin dal 2011 e che, se passerà la nuova modifica al disciplinare, si arricchiranno di ulteriori tre sottozone, una ad Imola e due nel riminese. Soprattutto nel caso della tipologia Riserva esprimono un livello di qualità diffusa sorprendente.
Non ci si deve meravigliare troppo, già negli anni Settanta Luigi Veronelli parlava dei Sangiovese “delle Rocche”, che provenivano dalle colline a sud della Via Emilia, e che erano ben altra cosa rispetto ad altre tipologie. Se mai lamentava che ancora non c’era nel disciplinare della Doc un modo chiaro per poterli distinguere. A distanza di mezzo secolo, e da qualche anno ormai, finalmente inizia ad esserci, e negli ultimi tempi un sempre maggior numero di aziende ha iniziato a usarlo. Le sottozone identificate possono apparire in etichetta, valorizzando una parte “nobile” della produzione.
Non bisogna dimenticare il legame storico che esiste fra Romagna e sangiovese, che è antico almeno quanto quello che c’è in Toscana, con la differenza che mentre i vini toscani a base di sangiovese si chiamano Chianti Classico, Brunello di Montalcino, Vino Nobile di Montepulciano, Morellino di Scansano, in Romagna si chiamano Sangiovese. Il nome del vitigno è prevalente, insomma, e la tradizione è da sempre quella di vinificarlo in purezza (sebbene il disciplinare consenta un 15% di altri vitigni), una pratica che altrove è molto più recente.
Se è vero, come è vero, che la varietà sangiovese si è diffusa quasi contemporaneamente in Toscana e in Romagna, le testimonianze storiche parlano di un periodo a cavallo fra il ‘500 e il ‘600, è altrettanto vero che a sud degli Appennini è prevalso l’uso di apporre ai vini il nome del luogo di produzione, fosse anche vasto come il Chianti, mentre a nord è stato quello del vitigno a definire i vini.
Ma Romagna vuol dire anche una varietà di territori e di sottozone estremamente sfaccettata. Da anni era possibile bere dei Romagna Sangiovese Superiore e Riserva di grande valore. Tra gli appassionati era comune distinguere quelli di Modigliana, di Predappio, di Marzeno, di Bertinoro, anche per merito di alcuni produttori particolarmente bravi e anche prima dell’inserimento delle sottozone nel disciplinare di produzione. E c’erano differenze evidenti fra loro, come fra un Vino Nobile e un Brunello, o fra un Chianti Classico e un Chianti Rufina.
Con l’affermarsi dell’uso delle sottozone in etichetta i vertici qualitativi dei Romagna Sangiovese sono stati evidenziati e tutelati in modo più efficace, come era nelle speranze di molti. Di certo stiamo assistendo a un cambio di passo, a una nuova frontiera, e a una chance concreta per dei vini che talvolta sono davvero formidabili.