Le roi Angelo Gaja

di Daniele Cernilli 29/10/18
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Angelo Gaja

Riteniamo importante ribadire lo straordinario ruolo che Angelo Gaja ha avuto nel diffondere una giusta conoscenza del livello qualitativo del made in Italy enologico.

Facciamo una cosa controcorrente? Nel senso che dedichiamo un po’ di attenzione a chi ha fatto qualcosa di positivo, e se vogliamo di grande nel mondo del vino italiano? Ve lo chiedo perché altrimenti sembra di dire e di scrivere cose scontate, “vecchie”, “noiose”, senza scoprire nulla di “nuovo”. E stavolta non voglio proprio scrivere cose nuove. Voglio raccontarvi di una persona che ha letteralmente sdoganato i vini italiani nell’ambito di quelli che “contano” a livello internazionale.

Il suo nome è Angelo Gaja. Sì, proprio quel Gaja che ha iniziato a far conoscere il Barbaresco nel  mondo fin dall’annata 1978, la prima della quale si ritiene responsabile in toto. Prima di lui se ne occupava suo padre Giovanni, sindaco liberale del paese, del quale ricordo l’Infernot del ’71, vino indimenticabile. Ma dopo di allora è stato Angelo a indicare la strada. A introdurre nuovi sistemi di produzione, comprendendo la lezione che arrivava da Borgogna e da Bordeaux, ridando le carte e immaginando un ruolo nuovo e comprensibile a livello mondiale per i vini di Langa.

Un uomo intelligente e visionario, insomma. Quasi prestato al mondo della vitienologia italiana. Io credo che non sarebbe possibile immaginare il vino italiano moderno prescindendo dal ruolo che ha avuto lui negli ultimi decenni e che questo dovrebbe essere un punto di riferimento non negoziabile se dovessimo analizzare il peso del made in Italy enologico attuale. Perché Angelo Gaja propone vini di straordinario livello qualitativo, veri landmarks territoriali, come i suoi Sorì, Tidin e San Lorernzo, come il Costa Russi, che qualcuno per qualche tempo non ha voluto considerare del Barbaresco docg pur essendolo in un senso più tradizionale di quanto i disciplinari avrebbero voluto. Ma sono vecchie e pleonastiche polemiche.

Oggi nel mondo dei big spender i Barbaresco di Gaja sono come la Ferrari carrozzata Scaglietti, e lui è un vero grande interprete dei vini d’Italia e del made in Italy che conta sul serio.

Nelle grandi enoteche e nelle liste dei migliori ristoranti del mondo il nostro Paese è rappresentato dai suoi vini, e girando come una trottola come mi capita di fare, ne sono puntuale testimone. E ho un po’ di orgoglio nel poter dire che accanto ai grandi vini del mondo, insieme a Sassicaia, a Monfortino e a poche altre fantastiche etichette, ci sono anche quelle di Angelo, di  sua moglie Lucia, di Gaia e di Rossana, donne di straordinario carattere. Forse perché Gaja è un cognome al femminile, e la sola figura di Angelo non basta a rappresentarlo.





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