Selvagrossa, un potpourri nei Colli Pesaresi

L'azienda Selvagrossa di Alessandro e Alberto Taddei con l'aiuto dell'enologo Emiliano Falsini ha messo a fuoco la sua produzione.
Pensate che sia complicato raccontare le Langhe e Montalcino? Avete ragione, ma non è che con le zone meno note il discorso cambi tanto. I Colli Pesaresi ad esempio, Marche nord a confine con la Romagna, sono un microcosmo di sperimentazioni in continua evoluzione.
I non molti appassionati che conoscono la zona la associano al pinot nero, che qui è un vitigno "autoctono" perché fu portato dalle truppe di Napoleone nell’Ottocento, e che dà risultati dal buono (Carlini) all’ottimo (Fattoria Mancini), con rossi che magari non evolvono 50 anni, ma che non mancano di quei chiaroscuri che la varietà è capace di regalare. Ma in zona ci sono anche Sangiovese interessanti, dal profilo terroso (anche se il confronto con la Romagna è momentaneamente impari), e buoni bianchi fatti con albanella, che è un biotipo di trebbiano toscano.
All’interno di una situazione come dicevamo in divenire e di grande fermento, oggi vi parliamo della azienda Selvagrossa. Situata a Pesaro, l’azienda negli ultimi anni ha messo a fuoco la produzione, grazie anche all’aiuto dell’enologo toscano Emiliano Falsini.
Il podere Selvagrossa è così chiamato perché all’inizio del ‘900 era coperto da una fitta boscaglia: da questo nacque il detto che il podere Selvagrossa era così fitto di alberi che si faceva prima a passarci sopra che attraversarlo. Dopo le due Guerre Mondiali (sul podere passava anche la tristemente famosa Linea Gotica) è stato quasi completamente disboscato per aiutare i coloni nella ricostruzione delle proprie case e per produrre legna.
L'azienda nasce ad opera di Alessandro e Alberto Taddei nel 2002. Una lunga esperienza di lavoro presso l'Enoteca Pinchiorri di Firenze ha permesso ad Alberto di degustare e apprezzare i più grandi vini del mondo e di creare, insieme al fratello Alessandro, una linea di vini ormai perfettamente a fuoco. Il passo successivo sarà quello di lavorare sulla personalità: in particolare il Poveriano, da uve cabernet franc, che sembra avere la potenzialità per fare qualcosa di notevole.
Ma i risultati sono già molto interessanti.
Poveriano Marche Rosso 2016
90/100 - € 30
Da uve cabernet franc. Maturazione per 14 mesi in barrique nuove. Rubino coprente e al naso note di peperoncino dolce, origano e grafite su una solida base di more. Il palato è ricco ma anche affusolato, l’acidità del cabernet franc si sente ma senza alcuna crudezza (i tannini anzi sono dolci), la nota erbacea è lieve e percepibile solo nel finale di bocca. Finale fruttato e lievemente piccante. Un mix tra Nuovo Mondo (il vino è più sul frutto che sulle erbe) e Vecchio (per il dinamismo). Davvero ottimo.
Cappitano Marche Rosso 2016
89/100 - € 55
Da uve merlot. Maturazione di 24 mesi in barrique nuove. Cupo e stratificato al colore, molto compatto al profumo con chiodi di garofano, erbe amare e ciliegia nera, il palato è decisamente ricco, il tannino molto dolce, il finale classicamente giocato più sulla lunghezza che sull’articolazione, su una nota di cacao amaro. Se vi piacciono i Merlot con i muscoli (e con una buona beva).
Trimpilin Marche Rosso 2015
87/100 - € 25
Da uve sangiovese. Maturazione in botti di legno di varie dimensioni per 12 mesi. Rubino granato medio, apre su un profumo particolare di pan di spezie e potpourri, attorniato da una lieve nota terrosa, su fondo di ciliegia. Il palato è schietto, il tannino vivo, a centro palato emerge la nota di tabacco, il finale tende appena a semplificarsi.
Cuchèn Marche Bianco 2018
85/100 - € 15
Da uve albanella (biotipo di trebbiano toscano). Affinamento in acciaio sulle fecce fini. Paglierino scarico, note di salvia, polpa di pera e tocco di lieviti, dopo un attacco sottile si spande sul palato in maniera molto delicata. Finale appena amarognolo.