Passeggiando tra le annate

Life of Wine - retrospettiva di vecchie annate - lascia una sensazione importante: il vino italiano è veramente su una rampa di lancio impensabile 20 anni fa.
Passeggiare tra vecchie annate diverse è l’idea base della manifestazione Life of Wine, che si è svolta a fine ottobre a Roma con l'ottima regia di Roberta Perna e Marco Guelfi, team affiatato alla 6a edizione. Gran successo di pubblico sia nei numeri che nella qualità: addetti al settore, buyer e tanti appassionati molto preparati. Ben sessanta gli espositori presenti che portavano sia l’annata corrente di un loro vino, spesso il più rappresentativo, che due vendemmie di anni passati. La scelta spaziava da produttore a produttore con stacchi temporali anche molto lunghi. Una grande occasione per rivivere le storie e le evoluzioni aziendali o anche per osservare come un vino cambi, a parità di filosofia tecnica, al variare di annate e anni di maturità. La produzione italiana di alta qualità era ben rappresentata salvo lacune tra Montalcino e la zona del Barolo, con un solo rappresentante ma di gran nome: Parusso.
Tutto non si poteva assaggiare ma alcune considerazioni si possono fare. Ho apprezzato molto la nuova “consapevolezza” dei produttori presenti, la loro tecnica degustativa è migliorata molto negli anni e anche la loro cultura enoica è cresciuta, il che ha comportato una critica più obiettiva dei propri prodotti e una visione del futuro molto più in linea con una concezione “mondiale”, piuttosto che la cieca difesa di presunti valori legati alla tradizione. Sentir dire ad alcuni produttori, che avevano portato annate molto lontane nel tempo: “Sì, il vino sta in piedi a livello gustativo ma il naso è un po’ troppo avanti”, è stata la mia più grande soddisfazione. La freschezza del naso diventa sempre più importante. Il vino Italiano ha un futuro quindi.
In generale i vini che ho degustato hanno mostrato una grande tenuta gustativa con belle acidità, tannini piacevoli e persistenze veramente ottime. A livello olfattivo quando andiamo oltre i 15 anni le cose sono meno esaltanti. Che questo aspetto sia fatto notare proprio dai produttori è una fantastica novità nel panorama italiano e fa sì che si troverà una soluzione.
Nell’ambito dei 10 anni di invecchiamento è ottimo il risultato dei vini bianchi, con alcune chicche di grandissima levatura anche in vini dal costo estremamente approcciabile. Il tempo sta rendendo giustizia anche a molti vini tacciati troppo frettolosamente di essere segnati dal legno, a tal proposito vorrei ricordare la bellissima versione 2005 dello Chardonnay di Ca' del Bosco, in una forma splendente in questa degustazione: lo dedichiamo alle giovani linci. Altro vino fantastico il Voglar 2008 di Peter Dipoli, un sauvignon raffinato, verticale ed estremamente attinente al vitigno. Meravigliosa "reliquia", io li chiamo così, il Chianti Rufina Riserva 1980 di Selvapiana che, sebbene evoluto al naso, mantiene una fragranza gustativa interessantissima, figlia di un modo di pensare il vino dell’epoca (non fece neanche la malolattica). Un solo dubbio: appena uscito forse non era facile da bere.
Meraviglioso il 2006 di Montevetrano, icona del rinascimento campano dei vini rossi con degli equilibri raffinati, tannini eleganti e una tessitura da grande vino mondiale. Un plauso a Giovanna Maccario che ha portato due tre litri meravigliosi del Rossese Posaù, annate 2007 e 2010, entrambi integri, precisi al naso, dalla beva ampia saporita e giovanile.
Altra sorpresa fantastica sono state le Albane presenti, la versione secca della Fattoria Zerbina che nella versione 2011 era meravigliosa con la trama gustativa ancora leggermente tannica e un olfatto che inizia a virare su idrocarburo, macchia mediterranea e un velo di zafferano che ritroviamo anche, ovviamente molto intenso, nella versione passita di Giovanna Bissoni che con il 2008 raggiunge vette interessantissime. Poi tanti altri vini buoni ma la sensazione importante è che il vino italiano sia veramente su una rampa di lancio impensabile 20 anni fa.