The Magic Master

di Daniele Cernilli 29/03/21
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Steven Spurrier

Steven Spurrier è stato un grandissimo personaggio nel mondo del vino e la sua recente scomparsa non deve farcelo dimenticare.

La scomparsa di Steven Spurrier almeno qui in Italia è passata a mio parere un po’ troppo sotto silenzio. Allora mi sono detto che era il caso di ricordarlo a tutti e di raccontare a chi non lo conosceva chi è stato e cosa ha fatto nel mondo del vino. 

Steven è stato uno dei più influenti critici, conoscitori, divulgatori che il nostro mondo abbia mai avuto, in senso assoluto. Ha scritto per decenni su Decanter, ha anche avuto un’enoteca a Parigi, ha letteralmente reinventato i concorsi enologici internazionali intesi in senso moderno. È stato un uomo di profonda competenza e di straordinaria gentilezza. Un vero signore. 

Nel 1976, quando viveva e lavorava a Parigi, si appassionò ai vini californiani, che all’epoca erano pressoché sconosciuti. Così, insieme a Patricia Gallagher, direttrice dell’Academie du Vin, decise di proporre un confronto fra alcuni tra i migliori vini californiani con i famosi Grand Cru Classé di Bordeaux, che allora rappresentavano il Gotha enologico internazionale e, per la categoria dei bianchi, con alcuni grandi vini di Borgogna. Invitò una serie di esperti, enologi, produttori, giornalisti di settore, tutti francesi, per comporre una giuria, e organizzò una degustazione “alla cieca” per valutare i vini presenti. Fu chiamato il Judgement of Paris, parafrasando il mitologico Giudizio di Paride e giocando sul fatto che con la parola Paris si potevano intendere sia il nome del principe di Troia che la città di Parigi. 

Ovviamente i francesi pensavano che sarebbe stato un gioco da ragazzi battere sonoramente quei vini sconosciuti. Invece accadde che furono proprio due vini della Napa Valley a trionfare, lo Château Montelena 1973 fra i bianchi a base chardonnay, e lo Stag’s Leap 1973 che derivava da cabernet sauvignon tra i rossi. Tra gli sconfitti c’erano dei vini leggendari, come il Meursault Charmes 1973 di Roulot, il Puligny Montrachet Les Pucelles 1972 del Domaine Leflaive, il Beaune Clos de Mouches 1973 di Drouhin tra i bianchi, gli Châteaux Mouton Rothschild, Montrose e Haut Brion del 1970 fra i rossi. I giudici francesi furono sconvolti, la notizia fece il giro del mondo e Steven Spurrier, e quei vini californiani, divennero famosissimi. 

Circa trent’anni dopo, nel 2008, a quell’evento fu addirittura dedicato un film, Bottle Shock, in italiano La Grande Annata, dove il grande attore britannico Alan Rickman impersonifica proprio Steven Spurrier. 

Per me poi Steven era un amico. Mi accolse con grande cordialità come giudice al Decanter World Wine Award, che ha diretto per molti anni insieme a Sarah Kemp, abbiamo persino guidato un paio di seminari a Londra sui vini italiani, dandomi la sensazione di stare palleggiando a tennis con Federer, tanto lui era un fuoriclasse assoluto nel campo della critica enologica. Non lo faceva affatto pesare peraltro. Lui, che era davvero un’autorità, mi trattava da collega e mi dava spazio e considerazione in modo sorprendentemente cortese. 

Ricordo che assaggiammo insieme due vini che non conosceva, il Turriga di Argiolas e il Vigna Pedale di Torrevento, e volle sapere da me cosa fossero, com’erano le aziende, e le zone di produzione, e le tecniche enologiche. Concedendomi una considerazione che non pensavo minimamente di meritarmi da parte sua. Scherzando lo chiamavo The Magic Master, perché lui non era un Master of Wine, ma tutti lo consideravano comunque un grande maestro. Voglio ricordarmelo e ricordarvelo così, gentile, sorridente, infallibile in degustazione, curioso e modesto come solo le grandi persone sanno essere. 





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