Stile o prezzo?

Chiacchierando l’altra sera davanti ad una bottiglia di Meursault Le Tessons Le Clos de Mon Plaisir 2001 di Guy Roulot con Eleonora Guerini, oggi co-responsabile di Vini d’Italia del Gambero Rosso, e Giuseppe Carrus, collaboratore fondamentale di quella guida, entrambi amici carissimi, è venuto fuori un argomento di discussione molto interessante, secondo me. “Non sai quanti vini ci stanno mandando non ancora imbottigliati. Campioni di botte di grandi rossi, di quelli che andavano molto di moda alcuni anni fa, e che i produttori aspettano ad imbottigliare perché non sanno bene quanto ne venderanno e in che tempi” mi ha detto Eleonora, facendo risalire, come molti fanno, questo fenomeno ad un cambiamento di gusti del pubblico che non ne può più di vini eccessivamente “muscolari”.
Credo che sia una lettura in parte corretta, ma che non tiene conto di una serie di elementi. Il primo è che vale soprattutto per coloro che di vino sanno qualcosa, che si avvicinano con curiosità, ma anche con una certa competenza. Che conoscono almeno in parte le grandi zone vinicole mondiali, i principali vini, e che prediligono la finezza e l’equilibrio alla potenza ed alla ricchezza estrattiva, per dirla in modo sintetico. Di persone così ce ne sono molte in Italia e nei paesi enologicamente evoluti, come la Francia, la Gran Bretagna, la Germania e in parte gli Stati Uniti. Per molti altri, anche in quei paesi ed anche da noi, il vino non rappresenta una scelta solo stilistica e solo “evoluta”. Può essere uno status symbol, come talvolta accade in Russia, in Cina, ed anche in Giappone e negli Usa, usando una generalizzazione orribile. Ma anche da noi può rappresentare solo una scelta determinata da altri elementi. Riccardo Cotarella, uno degli enologi più informati sul mondo del vino internazionale, sostiene spesso che non tutto va necessariamente verso una “borgognizzazione” del gusto, e mi ha di recente detto, con dati alla mano, che la Falesco, la sua azienda di proprietà, ha aumentato il fatturato del 25% e che il Tellus, un Syrah prodotto nel Lazio, sta diventando un fenomeno di mercato. Per quale motivo? Perché costa meno di cinque euro più Iva e perché evidentemente piace ad un pubblico che non vuole spendere troppo e vuole bere vini affidabili, morbidi, piacevoli. Non grandi, non estremi, non “filosofici”. Da bere senza pensarci troppo su, insomma, e senza spendere un capitale. Ovunque nel mondo esiste una fascia, più ampia di quello che possiamo immaginare, che vuole vini così. E allora il problema dei vini “muscolari” che non si vendono più come prima è probabilmente in parte stilistico, ma in gran parte anche dovuto ai prezzi oggi considerati eccessivi ai quali vengono venduti. Hanno cioè perduto quel pubblico di riferimento che fino a qualche anno fa poteva permettersi di spendere anche 50 o 60 euro per una bottiglia, ed oggi non può o non vuole più farlo. Non compra il Barbaresco di Giacosa anziché quello di Rivetti. Compra il Tellus ad otto euro in enoteca.