In ordine sparso
Gli italiani sono noti per essere individualisti fino all’estremo, senza trarne poi le conseguenze, ma anzi, dichiarandosi favorevoli all’egualitarismo più che supporter della meritocrazia, come la coerenza dovrebbe suggerire. Nel mondo del vino la cosa appare in tutta la sua evidenza. Molti produttori medio piccoli pensano di poter risolvere da sé i loro problemi, quelli legati alla vitienologia, ma soprattutto quelli che hanno a che fare con la distribuzione e l’esportazione. Per non parlare della promozione, spesso ferma a “bicchierate” e a degustazioni dedicate a sedicenti “giornalisti” (che poi quasi mai sono tali) e a nuovi altrettanto sedicenti “bloggers”, che arrivano a comunicare, sì e no, ai componenti della propria famiglia e del proprio piccolo “entourage”.
Poche iniziative comuni (segnalo però quella della Fivi il 13 e 1l 14 maggio prossimi al Salone delle Fontane dell’Eur, a Roma), quasi assente una vera strategia di comunicazione efficace, del tutto sconosciuto il marketing specifico, da molti considerato come un’insopportabile caduta di carattere commerciale, e non il modo per affrontare i mercati con cognizione di causa. Il risultato è che si procede in ordine sparso, quasi casualmente, per tentativi, senza quasi mai preparare la partecipazione alle fiere con appuntamenti fissati in precedenza, selezionare quelle a eventi considerando l’efficacia e il ritorno che si ha, evitare di farsi prendere per i fondelli dalle varie sirene della comunicazione che promettono chissà cosa e poi servono a poco o nulla. Di fronte ci sono alcune falangi agguerritissime, quelle francesi e spagnole, poi quelle cilene e argentine, che si presentano organizzatissime, producono materiali cartacei e audiovisivi in quantità, organizzano manifestazioni promozionali ben mirate, con il costante aiuto dei responsabili dei loro governi che operano in modo coordinato con loro. Non sarebbe difficile fare lo stesso.
Se, ad esempio, si usassero in maniera opportuna e per tempo i fondi Ocm europei, senza che il nostro Ministero li blocchi e li sblocchi determinando ritardi gravi nella loro assegnazione. Si organizzassero partecipazioni coordinate alle fiere internazionali, in modo da riconoscere gli stand italiani, come accade per quelli francesi e spagnoli, dove le bandiere nazionali sono ovunque, mentre da noi, al massimo, ci sono i simboli dei consorzi. Insomma, bisogna cambiare la mentalità, fare squadra sul serio, convincere il potere pubblico a essere più vicino e collaborativo, creare tavoli di concertazione tra quest’ultimo e gli organismi rappresentativi, per cercare di determinare una strategia per il futuro del vino italiano. L’export, per il momento, è in stallo e se ancora non si scorgono dei “meno” sulle percentuali, ciòè dovuto quasi esclusivamente al successo travolgente del Prosecco, soprattutto in UK e in Usa. Per tutto il resto o ci diamo una svegliata o i discorsi trionfalistici che si ascoltavano solo un anno fa diventeranno soltanto vuote dichiarazioni della peggiore politica, quella che non conosce i problemi e non ha idea di come affrontarli. In ordine sparso non si andrà più da nessuna parte.