Il Pinot Grigio e l’Orizzonte degli Eventi

di Daniele Cernilli 14/07/14
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Il Pinot Grigio e l’Orizzonte degli Eventi

Durante il convegno di presentazione del Pinot Grigio International Challenge che è stato realizzato a Corno di Rosazzo, in Friuli, circa un mese fa, il tema ricorrente di molti interventi è stato quello di sottolineare come quel vino sia proprio sul limite di diventare una commodity. Corre, cioè, il rischio di essere drasticamente delocalizzato dalle aree tradizionali di produzione per poter essere prodotto con costi molto bassi e venduto, di conseguenza, a prezzi compresi fra uno e due euro la bottiglia. Tutto questo perché nel tempo, e soprattutto su mercati quali gli Usa e la Gran Bretagna, è assurto al ruolo di bianco semplice, tendenzialmente neutro, dai profumi fermentativi, che si beve senza pensarci troppo, by the glass (al bicchiere), e a prezzo molto contenuto. Provare a fargli cambiare collocazione di mercato ormai è difficilissimo, e il fenomeno per cui oggi la concorrenza agli storici, tipici e talvolta ottimi Pinot Grigio di collina, del Collio, dei Colli Orientali del Friuli, del Trentino e dell’Alto Adige, viene fatta dai “colleghi” ottenuti dai vigneti altamente produttivi delle pianure venete e siciliane, è solo l’inizio di un percorso che lo farà prevedibilmente scivolare verso aree di produzione future ancor più esterne, come la Romania, l’Argentina o il Messico, dove mano d’opera e costo dei terreni sono molto più bassi che da noi, consentendone la produzione e la vendita a prezzi bassissimi. A quel punto la caduta nel “buco nero” del vino commodity sarà compiuta e l’Orizzonte degli Eventi, il bordo di ogni buco nero, scomparirà lentamente dentro una realtà indifferenziata e buia.

Cosa fare? Di certo non lo stesso fatto per salvare il Prosecco, che con un geniale colpo d’ingegno è divenuto vino “territoriale”, riscoprendo le antiche origini dell’uva glera proprio nel paese di Prosecco, vicino Trieste. Non mi risulta che nel Nord Est ci sia una località chiamata anche solo Pinot Grigio, perciò stavolta la cosa non potrà funzionare. Ricordo appena che mentre le leggi comunitarie tutelano le origini, non tutelano invece il nome di un vitigno, e pinot grigio prima di essere un vino è, appunto, un tipo di uva. Allora per uscirne bisognerà inventare qualcosa che non faccia diretto riferimento ad esso, anche se da lui dovrà trarre comunque origine, visto che in Italia abbiamo qualcosa come 18-20 mila ettari piantati con quella varietà. Un’idea potrebbe essere quella di realizzare una tipologia di rosato da pinot grigio denominata “Ramato” e che potrebbe diventare una voce nell’articolazione di molte Doc e Igt nel Nord Est d’Italia, come lo è Cerasuolo per l’Abruzzo o Chiaretto per il Garda. Che poi sono denominazioni basate su montepulciano e corvina-rondinella, varietà che non appaiono più nel nome del vino. L’altra è adottare la dizione francese Pinot Gris, o quelle germaniche Ruländer o Grauburgunder, al posto o accanto al nome di Pinot Grigio laddove sia consentito farlo. Di certo la parola d’ordine è smarcarsi dal pericolo di precipitare in un buco nero, ed è cosa da fare alla svelta.





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