Dove andremo a finire?
In appena dodici anni il vigneto Italia si è ridotto di circa 140 mila ettari, passando da 792.440 a 654.823. In termini percentuali si tratta del 18%, dell’1,5% per ogni anno. Ci sono, è vero, regioni che flettono maggiormente, o dalle quali i diritti di reimpianto sono stati spostati altrove. La Sicilia, solo nel periodo tra il 2011 e il 2012, ha perso oltre 4.000 ettari di vigna, e, incredibilmente, il Piemonte oltre 2.500. L’Emilia quasi 2.000 e la Sardegna, che non è una delle regioni più vitate d’Italia, quasi 1.700. Per contro il Veneto ed il Friuli Venezia Giulia, forse sotto l’effetto Prosecco “allargato” e pinot grigio, salgono rispettivamente di oltre 1.400 ed oltre 800 ettari. Nel complesso, però ne perdiamo 9.000 anche stavolta ed ormai Francia e persino Spagna hanno più vigneti che l’Italia.
Domenico Zonin, fresco presidente dell’Unione Italiana Vini, ha di recente espresso preoccupazione per questo trend e secondo me tutti i torti non ce l'ha. Perché se da un lato è vero che avendo meno terreno vitato si produce anche meno, e quindi si eliminano le storiche eccedenze che per molti anni sono state una costante negativa della produzione italiana, dall’altra va considerato anche dove si sta espiantando.
Il rischio è che vadano perduti i vigneti di collina, meno produttivi e più costosi da coltivare, ma anche capaci di produrre vini di qualità, a prezzi ovviamente maggiori. Il tutto a vantaggio di produzioni massificate, meccanizzate, di pianura, che a loro volta sono a rischio per la possibile futura delocalizzazione di certe produzioni, che si possono fare altrove, con risultati simili e costi ancora più bassi. Mi viene in mente proprio quel pinot grigio che, apparentemente per ora, sta salvando molte aziende nel Nord-est, ma che potrebbe fra qualche anno “emigrare” in vigne argentine o rumene, con costi di terreno e di mano d’opera molto più bassi dei nostri.
Non ci vuole la sfera di cristallo per prevedere futuri scenari del genere, basta avere un’infarinatura di economia per farlo. Allora bisogna fare attenzione e usare la testa. Perché a furia di preferire l’uovo oggi alla gallina domani, poi si fanno frittate.