Ciao Roberto

Roberto Felluga era un uomo gentile, elegante e riservato, e se n’è andato via in punta di piedi, secondo il suo stile.
Roberto Felluga era un uomo gentile. Se n’è andato a soli sessantatré anni dopo alcuni mesi di lotta con un male terribile. Speravo ce la facesse, e invece no, e questo mi ha colpito davvero profondamente, e la tristezza è se possibile ancora più profonda.
Ci conoscevamo fin da ragazzi, quando lui ancora pendeva dalle labbra di suo padre Marco, uno dei pionieri della vitienologia bianchista del Friuli, che alla fine degli anni Settanta fondò Russiz Superiore, a Capriva, nel Collio Goriziano, affiancandola alla storica azienda di Gradisca che portava da anni il suo nome. Mi ricordo di un Roberto, giovanissimo, dietro al banchetto con i suoi vini nel corso di una manifestazione della VIDE, associazione di viticoltori ispirata da Veronelli, e che vedeva oltre a Russiz Superiore cantine come Ceretto, Ca’ del Bosco, Schiopetto, Capezzana, Le Ragose, tanto per fare qualche nome. Eravamo in un grande albergo romano e lo conobbi in quella circostanza. Avrà avuto forse trent’anni, era una delle prime volte che lavorava per la sua azienda ed era piuttosto intimidito.
Forse per l’età simile, avevo quatto anni più di lui, forse per una simpatia quasi immediata ci mettemmo a chiacchierare e lui mi parlò di quanto era preoccupato per dover rappresentare suo padre in quella circostanza, al posto di sua sorella Patrizia che a quell’epoca si occupava di presenziare alle degustazioni ma che in quell’occasione non era potuta venire. Così era toccato a lui, che versava i vini ai presenti quasi con timidezza, come per farsi perdonare di essere lì lui quella volta. Un episodio che in questo momento ricordo con tenerezza e con grande malinconia.