Nittardi, se il vino è arte (1)

Non capita a tutti, soprattutto abitando in Toscana, di andare a fare una degustazione verticale di Chianti Classico in Germania. Ma fare il giornalista è un lavoro che offre mille sorprese, tra cui anche questa. Il perché è presto detto: il padrone di casa, Peter Femfert, oltre ad essere il fortunato proprietario di Nittardi è anche uno dei più affermati galleristi d'arte di Francoforte. Da lì l'idea di organizzare una degustazione dei suoi vini più prestigiosi proprio in un ambiente insolito quanto di altissimo livello, appunto i locali de Die Galerie, perché - come ha detto - "in galleria mostriamo le belle arti e anche il vino rappresenta un bene culturale".
Che Nittardi abbia a che fare con le belle arti, del resto, è un dato di fatto. La sua storia - già torretta di difesa medievale chiamata Nectar Dei - è legata alla figura di Michelangelo Bonarroti, che ne fu proprietario (ed esiste una citazione dell'epoca che parla del vino ivi prodotto). Il legame con l'arte è portato avanti oggi da Femfert che ogni anno, a partire dal 1981, commissiona a un artista di fama internazionale due quadri originali, uno per l’etichetta del Chianti Classico Casanuova di Nittardi Vigna Doghessa e uno per la carta seta con cui viene avvolta la bottiglia stessa.
Come sia nata questa idea, lo spiega Femfert in maniera molto ironica: "Avevamo appena iniziato a fare vino, non ci conosceva nessuno. C'era bisogno di far parlare di noi e così abbiamo pensato di prendere spunto da chi era posizionato ai massimi livelli". Se a Chateau Mouton Rothschild sono artisti di fama mondiale a disegnare le etichette fin dal 1924 (ce ne sono di Dalì, Mirò, Chagall, Picasso, Andy Warhol…), perché non fare lo stesso sfruttando i profondi legami con il mondo dell'arte che Femfert aveva da sempre grazie alla sua attività di gallerista? Ecco quindi come è nata una collezione che oggi vanta nel suo portafoglio artisti come Hundertwasser, Corneille, Mitoraj, Yoko Ono, Günter Grass, Dario Fo, Kim Tschang Yeul e Karl Otto Götz. "Se non sai come fare una cosa, copiala dal migliore", chiosa scherzosamente Femfert.
Ma oltre ad essere una storia di arte, quella di Nittardi è anche una storia d'amore. L'amore di un gallerista tedesco per l'Italia e la Toscana, e l'amore di Peter per sua moglie Stefania Canali, una storica veneziana alla quale "era giusto regalare una casa tra le splendide colline chiantigiane", tra Castellina in Chianti e Panzano. Arrivati nel 1981 hanno trovato che il precedente proprietario aveva fatto la vendemmia e così loro hanno fatto il vino, la cui etichetta venne affidata al pittore e litografo Bruno Bruni. A partire dal 1982 hanno iniziato il reimpianto dei vigneti, nel 1992 è stata costruita una moderna cantina a sostituire la vecchia tinaia, poi nel 1999 è stata acquistata una tenuta anche in Maremma, a Mongibello delle Mandorlaie, tra Magliano e Scansano. Passo dopo passo la fattoria si è trasformata fino a diventare la moderna azienda vitivinicola con 12 ettari in Chianti, divisi in due appezzamenti, e 26 in Maremma ed è oggi condotta dal figlio di Peter e Stefania, Leon, con la consulenza enologica di Carlo Ferrini.

Troppo lungo descrivere tutti i vini. Partirò oggi dal Vigna Doghessa, che è stato il primo vino prodotto dall'azienda e che ha visto ormai 33 artisti firmare le sue etichette. Domani andremo alla disfida tra i due campioni aziendali.