Latour, la ripetitività senza immobilismo (1)

Un viaggio a Bordeaux ha visto il suo culmine nella visita a Château Latour, un'esperienza che aiuta a capire la realtà di uno dei vini più famosi al mondo più di mille parole.
Raggiunta la floridità economica, i commercianti di Bordeaux, che avevano fatto fortuna con la vendita a inglesi e olandesi dei claret prodotti attorno alla città, si costruirono la casa in campagna, attorniandola di vigna. Ed elessero a dimora, nella maggior parte dei casi, il territorio che costeggia la riva sinistra dell’estuario della Gironda, a nord della città. Il Médoc. Si sa, i borghesi neoarricchiti ci tengono a mostrare la propria forza economica, e così si ispirarono architettonicamente ai castelli della Loira.
Era l’Età Moderna.
Oggi il Médoc è una unica distesa piatta, coperta di vigna bassissima allevata a guyot, con una fittezza per ettaro impressionante, che si nutre di un terreno ghiaioso (avete presente i sassi del mare?). I colori del cielo e la continua alternanza fra pioggia e sole fanno pensare all’Inghilterra. La monotonia di una campagna totalmente deruralizzata è interrotta da eleganti borghi, Bages, Beychevelle, eccetera, che fungono esclusivamente da contorno al mondo del vino.
L’appuntamento in quello che è reputato un po’ da tutti il primus inter pares tra gli Château del Médoc è alle 14 (ed è costato un mese e mezzo di mail), ma arrivo davanti al cancello situato lungo la Route des Châteaux alle 13:35. Nonostante il forte anticipo, riesco a entrare in ritardo. Lo Château accanto al cancello di Latour è infatti quello di Pichon Comtesse, dove una signorina sorridente risponde “in quale Château?” quando mi presento e le dico che avevo appuntamento.
Latour si trova qualche centinaio di metri più in là, verso l’estuario, in mezzo alla vigna. L’azienda è composta da diversi immobili ben distanziati: un piccolo castello che scoprirò essere non abitato, una torre che in Età Moderna serviva per visionare il livello del fiume, una serie di fabbricati accessori situati accanto alla riva. Dopo averli raggiunti tutti invano, arrivo infino a destinazione. La struttura che accoglie l’amministrazione e la cantina è immersa nella vigna (più tardi saprò che le parcelle di cabernet attorno alla struttura sono le migliori), e sembra un monastero in versione tascabile. È quadrata e chiusa in sé, con un cortile interno, priva di parcheggio e indicazioni di sorta.
Arrivo alle 14:10, e mi raggiunge Lisa, la ragazza addetta al ricevimento, dopo essermi accomodato nella waiting room che sembra la hall di un albergo di Manhattan. A breve scoprirò che Lisa è laureata in enologia (a Bordeaux, ovviamente) e che il relatore fu il compianto Denis Dubourdieu. Lisa ci tiene a raccontare la recente conversione di Latour al biologico e al biodinamico (non ancora certificati).
“Ci siamo resi conto che l’impatto della agricoltura convenzionale degli anni Settanta – Ottanta era troppo stressante per il terreno, quindi abbiamo deciso di cambiare.”
“Il cambiamento in vigna ha comportato cambiamenti nel bicchiere?”
“Assolutamente no!”, mi risponde preoccupandosi di essere compresa.
Per la visita alla vigna mi fornisce di un ombrello total black che sembra uscito da una sfilata di moda. Il ragazzo che pota alza la schiena e saluta calorosamente.
La terra sotto i sassi qui a Latour mi sembra più scura che nel resto del Médoc, l’aria ha lo stesso profumo lievemente torbato che sentii scendendo dall’aereo la prima volta che atterrai a Edinburgo. L’Atlantico è a un passo. Ogni pianta – sì: ogni pianta – sembra curata come se fosse l’unica. Accanto alla legatura, il diffusore di feromoni sessuali “che aiuta a utilizzare meno chimica in vigna”.
Bordeaux non ha problemi di illuminazione – anzi –, “e negli ultimi anni nemmeno di calore”, ma è una zona piovosa, “anche se negli ultimi anni abbiamo avuto qualche problema di siccità”.
Lisa comprende che la vigna non è il mio interesse esclusivo. “Quanto è stata importante la guerra dei Cent’Anni per i destini di Bordeaux?”, “È iniziato tutto da lì, furono gli inglesi a ‘creare’ commercialmente Bordeaux. Lo stesso Château Latour fu per molti secoli di proprietà di ricchi borghesi o aristocratici inglesi.” Ora è di proprietà di François Pinault, uno degli uomini più ricchi del mondo. “Il Signor Pinault si tiene costantemente aggiornato su Latour, anche se i numerosi impegni gli impediscono di essere presente spesso. Il suo unico interesse è di fare sempre il migliore vino possibile e mantenere lo stile aziendale”.
All’imbottigliamento una signora dall’aria affabile mi sorride, ma mi riserva pochi istanti: sta abbracciando una magnum di Grand Vin da etichettare, con una gestualità che ricorda una ostetrica.
Dopo il giro in vigna e in cantina, si avvicina il momento dell'ingresso in sala degustazione. Ma di questo parleremo domani.