Bordolesi ieri e oggi: la gioventù (1)

Difficile non essere ripetitivi quando si parla del classico taglio bordolese o dei vitigni bordolesi d’elezione, merlot su tutti. Rimangono, checché se ne dica, gli uvaggi più coltivati, utilizzati e apprezzati al mondo. Inutile decantarne le caratteristiche che ormai sono di dominio generalizzato: longevità, capacità straordinaria di essere apprezzati già da giovani, grande affinità tecnica con la botte piccola, vitigni tutt’altro che esigenti. Diverso il discorso quando si vuole replicare l’eccellenza assoluta del territorio da cui sono nati, quelli della regione della Gironda. Perché per quanti casi isolati sparsi per il mondo possiamo ritrovare (molti in Italia, in discreta quantità nella Napa Valley, rari nel resto del globo), l’emozione di bersi i mostri sacri di Bordeaux è massima e l’esperienza difficilmente non rimane nella memoria.
Le bicchierate di cui inizio a parlarvi oggi, per terminare nelle prossime settimane, sono state effettuate in due sessioni per avere una discriminante sensoriale su questi mostri dispensatori di piacere. La prima era relativa alle annate giovani (per “giovane” per un grande bordolese si intende 15-20 anni, quindi anni ‘90) e, dato l'alto numero di bottiglie, la suddividiamo in due sottogruppi, così come la seconda, nella quale invece abbiamo goduto di annate ben più vecchie.
Veniamo quindi ai vini in questa apertura dedicata soprattutto al merlot nelle più grandi espressioni (ma anche più universalmente apprezzato):