Château Belregard-Figeac, il piccolo domaine della famiglia Pueyo

di Giovanni Curcio 28/02/18
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Château Belregard-Figeac, il piccolo domaine della famiglia Pueyo

Produrre un vino che si avvicini il più possibile al succo d’uva fermentato, senza la forte sensazione di boisée, è un po’ la sfida della famiglia Pueyo allo Château Belregard-Figeac, a Saint-Émilion.

Qualche tempo fa erano disponibili le etichette de Clos de la Pignonne Earl Vignobles Pueyo, poi il signor Pueyo decise di includere il clos de la Pignonne, assieme ai suoi altri clos, nella cuvée di Belregard-Figeac.

Lo Château Belregard-Figeac è una piccola azienda composta da 8 ettari di proprietà della famiglia (Jean-Paul e Christophe) Pueyo, più 7 ettari in affitto e un ettaro e mezzo dove comprano le uve, dettandone la qualità, per farne un ottimo bianco a base di sauvignon blanc imbottigliato come vin de France (l'equivalente dei vecchi vini da tavola, oggi secondo la normativa EU semplicemente "vino" d'Italia, di Francia etc., ndr.).

Questo domaine, che non sembra affatto un castello, visto che di castelli a Bordeaux non ce ne sono per ragioni geologiche, né tantomeno sulla riva destra, è composto da ben 10 clos o parcelle con un'identità ben definita, che si trovano tra Libourne est, Libourne centro e Saint-Emilion.

Le 10 parcelle sono: La Grange, La Serre, La Pignonne (vecchio nome di questo château), Condat, Privat, Figeac, Gueyrosse, Henoque, Favrie e Garderose. Belregarde-Figeac è la somma delle prime 9 parcelle, Garderose è vinificato quasi esclusivamente a parte.

Cabernet sauvignon, merlot e cabernet franc, si tengono vicini in termini di percentuali, dipendendo ovviamente dalle annate. A Garderose invece c’è tanto merlot e un po' di sauvignon blanc che non è previsto nell’appellation Saint Emilion ma che è tollerato come Bordeaux Blanc o vin de France.

La famiglia Pueyo è nella viticoltura da tre secoli, ma per loro la vigna a tempo pieno è una storia recente, che ha meno di 30 anni. Da sempre in agricoltura ragionata, sono certificati in bio dal 2015, anche se per Jean-Paul l’etichetta «bio» è stata una pura formalità.

Nel 2010 Cristophe, nipote di Jean-Paul, prende il posto di suo padre, portando nel domaine tutto il bello che la nuova generazione di vigneron può portare: ricerca, sperimentazioni e una visione ben più moderna nella comunicazione e nel vino. Iniziano i primi esperimenti in botti da 500 e 600 lt, poi le foudre alsaziane da 900, 1000 fino a 2200 lt per poi, nel 2015, dopo un viaggio in Italia, a Trento (precisamente da Tava Anfore), si provano le fermentazioni e l’affinaggio in anfora.

Produrre un vino che si avvicina il più possibile al succo d’uva fermentato, ma che allo stesso tempo possa invecchiare, migliorando ma essendo buono da subito senza la forte sensazione di boisée è un po’ la sfida della casa.

Belregard-Figeac, come tanti altri Saint-Émilion grand cru, vende più del 60% all’export, Brasile, Giappone e Usa principalmente con qualche bottiglia in Svizzera ed Inghilterra.

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