Montrachet Grand Cru 2004

È forse il vino più difficile da descrivere con equilibrio perchéè esso stesso un’iperbole sensoriale. Le poche annate che ho avuto il privilegio di assaggiare (Vinogodi ha la fortuna di essere da anni nella mailing list del distributore ufficiale, oltre ad avere importanti agganci alla Maison, ndr) hanno sempre creato una sindrome di Stendhal sia a me che agli amici con cui ho condiviso questo piacere. Non sembra mai invecchiare, è sempre giallo sì carico, ma con sfrontati riflessi verdognoli. La deterrenza dei suoi profumi è mitica e mitologica, dove le note minerali e sulfuree sono assassine per i turbinati. È scaltro nel proporti il ventaglio aromatico completo, te lo dosa con sadismo e vorresti lasciarlo nel bicchiere per ore per scoprire le decine di sfumature fruttate e speziate. La cosa più sorprendente è la verticalità e intensità. La bocca può lasciare perplessi perché non è mostruosa per concentrazione, anzi: ha un’eleganza ed equilibri da rimanere… a bocca aperta. Vino assoluto.
Il voto medio fra le annate bevute va da un minimo di 99/100 (come in quest’annata descritta) a un "normale", per questo vino, 100/100

Irreperibile in enoteca per quantità assolutamente confidenziali e perché considerato "oggettivamente" il più grande vino bianco del pianeta, costa comunque non meno di 5.000 Euro la bottiglia (in annate straordinarie come 2002 e 2005 fra i 7.000 e 9.000 Euro)