Vendemmie eroiche 2022. La biodiversità come risposta al cambiamento climatico

di Flavia Rendina 02/09/22
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Cinque Terre

Siccità e caldo stanno mettendo in difficoltà tutta la viticoltura italiana. La viticoltura eroica sembra rispondere meglio a queste problematiche, ma soffre l’altra grande complicazione di questa annata: l’aumento dei costi e la mancanza di manodopera

È una viticoltura eroica italiana “bipolare” quella dipinta dal report del Cervim, il Centro di Ricerca, Studi, Salvaguardia, Coordinamento e Valorizzazione per la Viticoltura Montana, che osserva le cantine che praticano viticoltura eroica in Italia sull’andamento vendemmiale in corso. Se da una parte il vigneto eroico, più resistente e integrato nell’ambiente circostante, sembra rassicurare i produttori, con piante che stanno rispondendo piuttosto bene alla siccità e alle temperature elevate di questa stagione estrema, dall’altra si fanno sentire a gran voce i “soliti” problemi che tartassano questo tipo di viticoltura. Ma vediamo nel dettaglio.

Si sta raccogliendo molto prima (anche di 15 giorni rispetto alle vendemmie più precoci) al nord, in particolare in Valle d’Aosta, sede del Cervim, dove finora la produzione rivela un calo del 30% a causa della siccità, nonostante la possibilità di ricorrere all’irrigazione di soccorso per tutta l’estate, che riguarda circa la metà del vigneto valdostano. «La quantità è in calo in tutta la regione – sottolinea Stefano Celi, presidente Cervim e viticoltore valdostano – chi ha potuto fare irrigazione di soccorso non ha subito diminuzioni significative di prodotto; per chi non ha avuto questa possibilità, specialmente nei terrazzamenti e gradoni dove c’è un minore drenaggio, le produzioni sono davvero scarse». L’annata torrida per ora non sembra aver inficiato la qualità delle uve, come osservato presso l’azienda Les Cretes di Aymavilles (AO) dove la vendemmia dello Chardonnay è iniziata il 16 agosto. «L’uva è bella ma pesa pochissimo – racconta Giulio Corti, responsabile commerciale – su una cassetta da 18 kg arriviamo a 15 kg: la cassetta è piena uguale, ma il peso è inferiore perché gli acini sono più piccoli e con poco succo. Tutto si è concentrato: zuccheri, acidità, sali minerali… sono parametri che dovremo gestire con attenzione in cantina». Sono più sereni al sud, in particolare laddove ricorrono gli impianti più vecchi, come nell’Isola di Antioco (Carbonia-Iglesias), dove le viti centenarie hanno reagito in maniera naturale al cambiamento climatico. «Nell’isola non possiamo prevedere irrigazione, anche se concessa, – afferma il presidente della Cantina Sardus Pater, Raffaele De Matteis – quindi la scelta di aver proseguito su sesti d’impianto ritenuti arcaici è stato il segreto del mantenimento della vite». Anche se qui, come in molti altri territori, la vera incognita restano i tempi di maturazione delle uve, messa in “stand-by” dalla pianta che per proteggersi riduce le sue funzioni vitali. 

Come anticipato, all’imprevedibilità di un’annata “pazza”, si sommano le note difficoltà che attanagliano questo tipo di viticoltura, ovvero gli oneri di gestione e il reperimento di manodopera, «situazione ulteriormente aggravata – come spiega Stefano Celi – dal contesto generale, con l’aumento dei costi di produzione, in particolare energia e carburanti, che hanno fatto aumentare sia i costi di irrigazione e lavorazione sia delle di materie prime; a ciò si aggiunge la scarsa reperibilità delle bottiglie». «Non riusciamo a trovare persone che resistano alla pesantezza della viticoltura eroica, tutta manuale e in condizioni estreme, non adatte a chi soffre di vertigini» aggiunge Andrea Ferraioli, titolare e agronomo dell’azienda Marisa Cuomo, sita a Furore, in Costiera Amalfitana, dove i vigneti si affacciano a picco sulla scogliera. Nonostante ciò, la fede del produttore nella viticoltura eroica come viticoltura di domani è inaffondabile: «qui è la biodiversità a salvaguardare la vite. Le nostre sono viti a piede franco, che hanno oltre 80 anni di età, reagiscono al caldo in maniera naturale, sfruttando l’umidità che si crea nei muretti a secco che le sorreggono e nella vaporizzazione del mare, le pergole fanno il resto tenendo in ombra il terreno». Emblema della viticoltura eroica, il muretto a secco si fa preziosa riserva di umidità e biodiversità, oltre che sostegno imprescindibile in territori ad alto rischio idrogeologico, come le Cinque terre, la Valle d’Aosta, la Valtellina o la Lunigiana, dove la perdita della viticoltura vorrebbe dire perdita di identità e paesaggio, con conseguenze pericolose e costi per l’intera comunità.

Con tutte le sue complessità, quindi, la viticoltura eroica si pone comunque come una risposta efficace al cambiamento climatico, perché in essa è insito quel concetto di “buona agricoltura” quale «unico strumento per placare le bizzarrie meteoriche garantendo alla pianta benessere» come afferma Francesco Bordini, consulente e produttore in quel di Modigliana, in Romagna, dove gestisce dal 2001 l'azienda vitivinicola Villa Papiano, con vigneti eroici adagiati a ridosso dei crinali appenninici che separano la Romagna dalla Toscana. «Sin dai tempi dell’antico Egitto l’acqua era ritenuta un tesoro e le piene del Nilo considerate degne di venerazione – spiega il viticoltore, che pratica anche la biodinamica – il rispetto della terra, la valorizzazione della sostanza organica, gli equilibri nutrizionali, la valorizzazione dell’acqua e delle lavorazioni, la cura della chioma, il rapporto varietà-clone-portainnesto, il rapporto con la componente animale e microbiologica, oltre al fondamentale tempo da dedicare all’osservazione, sono solo alcuni dei membri di un complesso “organismo agricolo” in cui a vincere è l’equilibrio». 





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