I difetti tollerabili

di Daniele Cernilli 29/04/19
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Venere di Botticelli Strabismo di venere

Possono esistere in un vino piccoli difetti, imperfezioni tollerabili in relazione alle nostre convinzioni personali, purché queste non diventino una scusa per aver ragione a prescindere.

La perfezione è noiosa. La sezione aurea poteva andar bene ai tempi di Fidia e di qualche neoclassico un po’ codino, ma già il Beato Angelico, Piero della Francesca e Caravaggio andavano oltre. Per non parlare degli Impressionisti, dei Cubisti, dei Surrealisti, della Transavanguardia. Tutti bollati come “imprecisi”, “imperfetti”, come se i girasoli di Van Gogh avessero avuto bisogno della perfezione per rappresentare uno dei vertici artistici di ogni tempo. E poi, ci siamo forse innamorati di persone perfette, o sono state le loro imperfezioni a sedurci?

Questo per dire che se comprendiamo, tolleriamo, ammiriamo e persino ci innamoriamo delle imperfezioni in tante cose e in tante persone, perché per i vini la cosa dovrebbe essere differente? Di certo esistono dei piccoli difetti, dei limiti, delle imperfezioni tollerabili anche in molti di loro. Un lettore di DoctorWine; Marcello Manna, ha commentato in modo brillante “una cosa è il primo sbuffo imbarazzante di un Montepulciano di Valentini, e un’altra è un vino che puzza”.

Giustissimo.

Una cosa fa parte del carattere, della personalità, dei chiaroscuri che danno complessità, l’altra è il segno di incapacità tecnica che porta alla fine a un difetto che è accettabile solo per pochi estremisti del gusto. Quindi la risposta è del tutto personale ed è legata a quanto siamo disposti ad amare un’imperfezione e che tipo d’imperfezione amiamo. E questo è diverso per ciascuno di noi e dipende da tanti fattori. Dalle nostre convinzioni profonde, per le quali, ad esempio, può essere meglio un vino un po’ meno piacevole ma che rispetti nella produzione l’eco sostenibilità e faccia meno male possibile alla salute. Dal senso estetico che manifestiamo in ambito gustativo. Dalla quantità e dalla qualità dei vini che abbiamo assaggiato e che conosciamo. Anche dall’attitudine a voler sperimentare cose nuove e fuori dagli schemi più diffusi. Forse anche dalla voglia di ritrovare sapori perduti o idealizzati e che ci riportano a molti anni fa. Tutte ragioni ampiamente comprensibili, insomma.

L’unica cosa che mi permetto di suggerire è che tutto questo non diventi una moda, che insomma il fatto di essere sempre da un’altra parte non voglia solo rispondere a un’esigenza di originalità a tutti i costi, di un individualismo un po’ infantile ed egocentrico, per il quale si debba criticare ciò che alla maggioranza appare come migliore o preferibile. Solo per affermare che in realtà noi ne sappiamo e ne capiamo di più di chiunque altro e che il nostro gusto è comunque vincente, anche quando apprezza, o fa finta di apprezzare, vini che molti non accosterebbero al naso.

 

Nella foto di apertura: l’evidente “strabismo di Venere”, difetto tollerato, nel dettaglio della Nascita di Venere di Sandro Botticelli.





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