Al di là delle stelle

di Daniele Cernilli 11/02/19
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Nu' Trattoria Italiana dal 1960 della Famiglia Tassa - Trattoria italiana tipica

La Guida Michelin, che assegna le famose stelle, realizza un’analisi un po’ troppo formalistica della ristorazione, più che valorizzare solide cucine regionali e tradizioni familiari.

La definizione di “cuoco stellato” è ormai entrata nell’immaginario collettivo, e non solo in Italia. Persino oltre il suo significato principale, che è legato ai riconoscimenti, le “stelle” appunto, assegnate ormai da molti decenni dalla Guida Michelin, che resta anche in un’epoca di social e di Tripadvisor, la più autorevole pubblicazione sui ristoranti a livello internazionale.

Proprio per questo, però, e proprio per “l’anima” francese che la Michelin possiede, l’assegnazione delle stelle passa inevitabilmente attraverso una visione di ristorazione che ha nel modello francese il suo punto di riferimento. E non tanto e non solo per le scelte di carattere culinario, ma soprattutto per il tipo di organizzazione e di servizio proposto. Non dimentichiamo oltretutto che la Michelin nacque come guida per viaggiatori, non per gourmet, e certi aspetti piacevoli per chi si trovi in viaggio, come un’accoglienza particolarmente attenta e un décor adeguato, non possono che avere molta importanza.

Detto questo, personalmente ho sempre avuto l’impressione che quella della Michelin sia stata sempre un’analisi un po’ troppo formalistica della ristorazione, che abbia insomma privilegiato quei ristoranti che rispettano canoni “internazionali”, anche in cucina, più che valorizzare cucine regionali solide e tradizioni familiari, quasi da locande e trattorie evolute, che è invece il modello italiano. Con il risultato che i cuochi e i ristoranti stellati riescono ad avere un impatto mediatico e un innegabile successo presso un pubblico internazionale, ma si allontanano dal comune sentire della maggior parte degli appassionati di vino e di cibo di casa nostra.

Per quanto mi riguarda, un locale dove non capisco la cucina, dove vengo guardato con sufficienza se provo a farmi portare la lista dei vini e non mi affido al sommelier, e dove il servizio risulta talvolta formale e macchinoso, può avere tutte le stelle del mondo ma non avrà me come cliente. Parere personale, ovviamente, che non vuole criticare nessuno in particolare, ma solo far presente che forse sarebbe bene andare anche “al di là delle stelle”, valorizzando cucine tradizionali e servizi magari più familiari ma accoglienti e caldi. Senza dimenticare che la cosiddetta “cucina creativa” come la musica jazz, creativa più di qualunque altra, è riservata solo a grandi interpreti, altrimenti diventa noiosa e pretenziosa. Come gli oggetti molto moderni, che invecchiano con grande velocità. E ricordando che nella tradizione italiana ci sono piatti di straordinario valore, sconosciuti a molti, e che possono rappresentare scoperte e novità più di qualunque invenzione di qualunque cuoco “stellato”.

Prima di lasciare questo mondo mi piacerebbe proprio realizzare una pubblicazione che tratti di ristoranti, locande, trattorie di cucina regionale italiana, basate su vere tradizioni locali e possibilmente familiari, e con prezzi accessibili ai più. Sarebbe una bella risposta alla Michelin e alla sua sussiegosa impostazione filofrancese.





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