La-Vis to enhance the territory

by Sissi Baratella 12/08/20
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La-Vis visita in cantina

La-Vis's commitment in this regard is very concrete and passes through the process of zoning, creating the identity card of the vineyards and identifying the optimal varieties to cultivate vineyard by vineyard.

This article is available in Italian only.

La-Vis è una cantina cooperativa trentina che complessivamente vanta circa 800 soci conferitori. Vede la sua origine nel 1850, ma prende maggiore forza nel dopoguerra quando si consolida definitivamente come realtà produttiva. Oggi un abbondante 80% della produzione riguarda uve a bacca bianca, tra native, come la nosiola, e adottive-naturalizzate, come lo chardonnay. Parliamo di un totale di 14 varietà e 400 ettari vitati

Da circa 20 anni l’intento di questa cantina è, insieme al voler proporre vini che accontentino il gusto di tutti o quasi, quello di valorizzare il territorio. Lo fa nel vero senso della parola perseverando nel processo di zonazione, realizzando la carta d’identità dei vigneti e individuando infine le varietà ottimali da coltivare vigna per vigna. 

A guidare le varie fasi e a fare da regia per i diversi attori, più o meno protagonisti, di questa impresa sono: Corrado Aldrighetti, per la parte agronomica, e Ezio Dallagiacoma per la parte enologica. Due tecnici che si trovano a confrontarsi continuamente con i viticoltori stessi sugli approcci da attuare in vigna stagione dopo stagione. Formare i propri conferitori e confrontarsi con loro è stata una scelta di grande importanza da subito, soprattutto considerando i numerosi e sfaccettati scenari climatici e inerenti alla biodiversità di questa regione, e considerando come cambiò negli anni (ahimè uniformandosi) la viticoltura con l’avvento della meccanizzazione. E proprio grazie a e tramite il confronto si sta iniziando a scrivere la storia delle singole vigne. Vigne capaci di distinguersi tra loro per varietà ospitate, biodiversità sia di flora che di fauna, altitudini, esposizione, profondità e composizione del suolo.

È il caso di Maso Franch, unico vigneto in gestione diretta alla cantina e quindi una vera e propria palestra a completa disposizione per studi e sperimentazioni. Qui si fa didattica non solo rivolta all’azienda ma anche a curiosi e studenti che vogliono vistare il posto. Questi 3 ettari vitati, dalla vendemmia 2016, sono interamente rappresentati da varietà incrocio Manzoni. Grazie all’interfila inerbito spontaneamente (e, talvolta, anche seminato) è facile intuire come la biodiversità in questo luogo contribuisca in prima persona a mantenere l’ambiente sano. E “in un ambiente sano è più facile produrre uva sana”, afferma Aldrighetti, subito dopo aver sottolineato come la vite sia la pianta che ad ogni potatura perde la maggior parte del suo materiale biologico. Solo il 5-6 % della carica iniziale di gemme viene infatti lasciata sulla pianta costituendo una sorta di trauma necessario che la vite subisce ad ogni inverno per permetterle di ricrescere più forte di prima. Un elemento a mio avviso su cui riflettere e motivo in più per individuare le condizioni migliori possibili affinché la ripresa vegetativa avvenga nel modo più corretto possibile. 

Una situazione analoga a Maso Franch, se non fosse che è di proprietà di un conferitore, avviene per il vigneto di Maso Diaol. Interamente dedicato alla produzione di chardonnay per la vinificazione dell’omonimo vino bianco, questo vigneto di 4 ettari è totalmente inerbito e costantemente monitorato dalla sua proprietaria (si… è una donna) e dai tecnici della cantina, per seguirne lo sviluppo e conoscerne lo stato di salute. Dalla prima volta che ho assaggiato questo vino, qualche anno fa, ho avuto l’impressione che si trattasse di un progetto in continuo movimento, divertente e entusiasmante. Ne ho avuto la conferma dopo aver “giocato” a fare i tagli dell’annata 2019 che attualmente sta riposando in cantina in tre masse diverse. Diaol è l’unione di vini che in cantina seguono strade diverse: dal solo acciaio, alla vinificazione in legno e poi cemento, al solo legno per tutta la sua vita. Ogni annata è una sfida diversa, un vero e proprio gioco di incastri per ottenere il risultato perfetto. 

“Fammi povera, che ti farò ricco” è stata la frase del giorno, pronunciata da Aldrighetti stesso in riferimento al loro approccio di cura della vite. Affermazione ricca di significato, su cui si basano i principi produttivi di questa realtà cooperativa e che la dice lunga sulle loro intenzioni di adesso e per il futuro. 

Maso Franch 2016

94/100 - € 25

Da uve incrocio Manzoni. Una piccola parte affina in tonneau e barrique fino a 24 mesi. Dal color giallo intenso con riflessi oro. Al naso note di ananas, cocco e miele. È teso e a tratti balsamico. In bocca sfaccettato, lascia percepire la croccantezza del frutto. Dal finale salato, balsamico e persistente. Intrigante nel suo equilibrio tra eleganza e potenza. 


Diàol 2018 (pre imbottigliamento)

92/100 - € 16

Da uve chardonnay. Circa il 30% fermenta e riposa in barrique sur lie per 18 mesi, il resto sur lie in acciaio. Giallo paglia con vividi riflessi verdi e brillanti. Al naso è cremoso, pieno, con riconoscibili note fresche agrumate dal pompelmo rosa alla foglia del limone. In bocca si percepisce maggiormente la nota tostata di mandorla, è al contempo balsamico e amaricante. Finale sapido e dal gusto appagante.  

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