Wine fusion, vino italiano e cucina orientale. Il caso Roero

di Flavia Rendina 27/04/22
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Colline del Roero

Miso, koji, kombu, kombutcha… fino a qualche decennio fa parole misteriose per gli italiani che oggi affermano invece di apprezzare la cucina orientale e dilettarsi persino nella sua preparazione a casa. E il vino? Non resta indietro e diventa glocal. 

Il vino italiano impara le lingue orientali. E non lo fa solo per aprirsi ai nuovi mercati in espansione: lo fa anche per rilanciarsi in modo lungimirante in casa propria, venendo incontro a una cucina che cambia, al ristorante come nelle case degli italiani. Se fino a qualche decennio fa si consideravano robe da avanguardisti tofu, alghe e salse di soia, oggi è facile trovare nei nostri frigoriferi miso e kombutcha al posto di dado e tè freddo. Uno studio Nielsen del 2018 evidenziava proprio un trend crescente di italiani appassionati di almeno una tra le principali cucine etniche (56%), con in pole position quelle orientali (cinese 23% e giapponese 21%), mentre ben 20,7 milioni di persone affermava addirittura di cucinare etnico anche a casa. Numeri, con buona probabilità, schizzati ancora più in alto in seguito a pandemia e lockdown. Il consumatore, sempre più proiettato in un contesto fluido e glocal, va alla ricerca di nuove esperienze e prodotti, pur tenendo ben saldo il timone sui cliché della tradizione italiana. Il risultato? La contaminazione, in tavola come nell’abbinamento cibo-vino.

L'Amarone cavalca ormai da anni questo trend, avendo trovato nella cucina cinese, specie se piccante, un partner che apprezzi appieno le sue doti di morbidezza e alcolicità; come pure fanno il Gewürztraminer e il Riesling, esempi ormai blasonati di pairing vincente con la cucina nipponica. Ma da qualche tempo si stanno affacciando sul campo dell'abbinamento cibo-vino fusion anche alcuni "insospettabili". L’ultimo esempio: il Roero Docg, sia bianco che rosso. Un vino di rigorosa e antica tradizione pimontese, oltre che un calice ben lontano dalla polposità calorica dell’Amarone, anzi: essenzialmente fresco, sapido e anche piuttosto tannico, seppur molto meno dei fratelli Barolo e Barbaresco.

Un azzardo? Noi abbiamo potuto assistere al confronto in occasione del pranzo organizzato dal Consorzio del Roero (https://www.consorziodelroero.it/ ) presso il ristorante AAlto di Milano per presentare i prossimi Roero Days 2022, in programma il 22 e 23 maggio alla reggia di Venaria Reale (TO). Di attualità la scelta del ristorante, costola creativa con 1 stella Michelin di IYO, unico ristorante giapponese stellato d’Italia. La “cucina libera e senza confini”, come si definisce quella di AAlto, nata dall’incontro tra la visione di Claudio Liu e lo chef Takeshi Iwai, ha proposto un menu di quattro portate, cui sono stati abbinati calici di Roero sia bianco che rosso, nelle versioni sia base che riserva. 

Esordio subito convincente per i due vini provati con l’entrée Stracciatella di trippa con kefir e olio di koji. Se da una parte il Roero Arneis Sarun 2020 Stefanino Costa, con la sua freschezza erbacea e il gusto teso, nettava alla perfezione la sottile grassezza della portata, dall’altra l’incredibile Roero Arneis 7 anni 2013 Angelo Negro (acciaio e 7 anni in bottiglia) con la sua aromaticità fumé di polvere pirica e nocciola tostata, andava invece ad esaltarne le sensazioni di cereale del koji (il koji è un fermentato, spesso di riso, ottenuto da un fungo, ed è alla base della preparazione di miso, sake e salsa di soia).

Seconda uscita con il Roero Arneis Riserva Vigna Renesio 2017 Monchiero Carbone che ha incontrato invece l’antipasto Seppie, midollo e caviale, un piatto delizioso e bilanciato, con la delicatezza della tagliatella di seppia cruda, la salinità “dolce” e avvolgente del caviale e il gusto tostato e burroso del brodo di midollo. Un piatto a tendenza dolce e appena affumicata, che ha trovato il suo match ideale nel calice rotondo di spezie dolci, agrumi canditi e sensazioni tostate, “paffuto” ma dotato di giusta acidità sgrassante. 

Il percorso è proseguito con un vino nato letteralmente per caso, il Roero Arneis Giuan da pas 2012 Pace, una magnum di un vino pensato per essere di pronta beva (fa solo acciaio), ma dimenticato in cantina, con risultati sorprendenti. Crosta di pane, lievito madre, cedro e tiglio le note olfattive, accostate a una bocca tesa, forastica e asciutta di liquirizia, ma di spessore e grande ampiezza nel finale. All’angolo opposto, una portata di notevole complessità, il Risotto aspro con gelato di alga kombu, ostrica, olio di levistico e fiori di sakura. Acidità, sensazioni erbacee, contrasti termici e sapidità in un sol colpo non hanno però spaventato il vino, che ha sostenuto il piatto contribuendo persino ad alleggerirne la mole organolettica.

Ultimo calice, un fuoriclasse: il Roero Superiore Trinità 2001 Malvirà, servito in formato Jéroboam. Profumi ancora precisi di frutta rossa e nera, cacao, rabarbaro e pepe, e una bocca profonda, calda e avvolgente, con tannino affusolato e acidità in bella mostra, ne fanno un vino di ancora ampie prospettive. Si è dovuto misurare con l’apparentemente innocuo Manzo alla brace e scorzonera, caratterizzato in realtà da alcuni elementi davvero ostici, quali la bruciatura esterna della carne, la sapidità decisa della bacca di sambuco trattata come un cappero e l’umami del pesto di koji, stemperate dal burro nocciola e dalla dolcezza della radice. Un abbinamento invero non convincente a tutti i bocconi (soprattutto dall’incontro col sambuco tendevano a emergere sensazioni vegetali), ma che non ha visto di certo uscire sbaragliato questa grande versione di Roero. 

Quindi, Roero e cucina fusion orientale, si può fare? È un sì senza indugi per il bianco, specie per le versioni più invecchiate, a prescindere dal passaggio in legno, dove il vino tira fuori quelle intriganti sensazioni idrocarburiche di matrice solfurea che possono ricordare, con le dovute distanze, le note di bruciato e cereale tostato tipiche di certi sake utilizzati in abbinamenti più convenzionali. Qualche riserva sul rosso, per il quale bisogna sempre valutare bene il tannino, senz’altro più “gentile” rispetto ai Nebbiolo di Barolo e Barbaresco, ma comunque rapportato alle durezze di una matrice acido-sapida sempre di notevole presenza.

I vini degustati:

Stefanino Costa
Roero Arneis Sarun 2020

87/100 - € 12

100% Arneis. Affinamento in acciaio. Paglierino. Impatto decisamente erbaceo, di elicriso, foglia di fico e salvia, poi agrumi gialli e mandorla, su uno sfondo gessoso. Al palato ha buon corpo, acidità decisa e tesa, gusto salino e finale asciutto di liquirizia. 
 

Angelo Negro
Roero Arneis 7 anni 2013

96/100 - € 43

100% Arneis. Affinamento in acciaio sui lieviti e 7 anni in bottiglia. Oro con bagliori verdolini. Olfatto complesso e intrigante di polvere pirica, nocciola tostata, sbuffi solfurei e gessosi, quindi più fragranti note di mela e agrumi canditi. Bocca di buona pienezza, sapida e dal giusto saldo acido. Finale appagante e rotondo, al gusto di liquirizia e dai lunghi echi fumé.

Monchiero Carbone
Roero Arneis Riserva Vigna Renesio 2017

89/100 - € 30

100% Arneis. Maturazione tra legno e acciaio. Oro. Combina al naso immediate note di idrocarburi e sensazioni dolci di spezie (vaniglia), caramello, frutta tropicale e agrumi canditi. Sorso rispondente, rotondo, strutturato e morbido, seppur mai privo di calibrata freschezza. Eco precisa e vanigliata, di buona persistenza. 

Pace
Roero Arneis Giuan da pas 2012

90/100 - € n.d.

100% Arneis. Acciaio e bottiglia. Oro alla vista. Olfatto inizialmente contratto e ridotto, si apre progressivamente a fragranze di crosta di pane, lievito madre, fiori di tiglio e cedro. Sorso contratto ed energico, fresco e appena asciutto, con finale di lunga persistenza al gusto di liquirizia.
 

Cascina Ca’ Rossa
Roero Valmaggiore Vigna Audinaggio 2019

93/100 - € 25

100% Nebbiolo. Fermentazione in barrique, affina poi in acciaio e bottiglia. Rubino splendente. Ciliegia, lampone e violetta emergono immediati, seguiti da lievi note balsamiche di resina di pino. Tannini precisi e setosi all’assaggio, di vibrante acidità. Finale perlopiù speziato e fruttato, appena caldo e di lunga succulenza indotta.

Michele Taliano
Roero Riserva Roche dra Bossora 2013

90/100 - € 20 -

100% Nebbiolo. Matura 24 mesi in legno. Rubino con unghia granata. Impatto olfattivo “dolce” di frutta e spezie, con lampone in confettura, sciroppo di cassis, rosa appassita, arancia rossa, pepe nero e cacao. Bocca distesa, con tannini integrati ma ancora viva freschezza; congedo nitido e armonico di rosa e lampone.

Malvirà
Roero Superiore Trinità 2001

92/100 - € n.d. -

100% Nebbiolo. Due anni tra botti e tonneau. Rosso granata ancora compatto. Al naso regala note di confettura di lampone, visciole sciroppate, quindi rabarbaro, cacao e pepe nero. Di piacevole profondità l’assaggio, caldo e avvolgente, con tannini copiosi ma affusolati e ben disciolti. Acidità ancora tonica e sapidità decisa, che induce lunga succulenza nel finale di bocca.  

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