Effervescenza veneta

di Sissi Baratella 06/10/23
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bollicine venete 1

Se parliamo di bollicine venete… cosa vi viene in mente? Senza vergogna, il 99% di noi penserà al Prosecco, sia esso Doc o Docg Superiore. L’1% non si pronuncia, forse perché astemio…

Eppure il Veneto effervescente non è solo Prosecco. 

Spuntano come funghi un sacco di metodo classico! Ripassiamo subito quindi le caratteristiche principali dei due metodi. Quando parliamo di Prosecco parliamo di un vino spumante da rifermentazione in autoclave da uva Glera, considerata semi aromatica. La tecnica dell’autoclave esalta l’aromaticità della Glera trasformando, in tempi brevi, il vino di base in un prodotto elegante, profumato, cremoso, versatile e dalla beva disinvolta e quotidiana. 

Il metodo classico invece prevede la rifermentazione in bottiglia, processo dove il contatto con i lieviti assume un ruolo decisamente centrale e dove l’utilizzo di vini di riserva diventa intrigante. Questa tecnica è esaltata tramite l’utilizzo di varietà neutre, ecco perché Pinot Noir e Chardonnay (tanto per citarne un paio) giocano quasi sempre un ruolo da protagonisti. Entrambe uve dall’aromaticità contenuta, danno vini in grado di maturare in legno fornendo vini base complessi e intriganti. Tutte le varietà neutre, o quasi, sono potenziali validi candidati per la produzione di metodo classico. E oltre alle internazionali, quando si parla di Veneto anche tra le autoctone si sperimenta parecchio. 

Ma perché produrre un metodo classico quando per vocazione e storicità si è rossisti e bianchisti? Un primo dato di fatto è che a livello mondiale si è registrato (con particolare importanza negli ultimi 5 anni) un incremento di consumo di vini bianchi e bollicine a discapito dei vini rossi tendenzialmente più complessi e corposi; indicatore importante che ci dice che i consumatori vogliono sempre più vini freschi e leggeri. 

Altro elemento che ho potuto personalmente verificare è che chi decide di produrre metodo classico nasconde, più o meno bene, un perché molto personale. Ecco allora che ho individuato e scovato per voi dei metodo classico che oltre che da stappare sono anche tutti da raccontare.

Menegotti, Andrea e il metodo classico. 

Ad Andrea Menegotti, nell’entroterra gardesano in provincia di Verona sulle colline moreniche delle doc Custoza e Bardolino, proprio non andava giù di vinificare Garganega e Corvina “solo” per produrre vini fermi a denominazione d’origine Custoza e Bardolino. Ecco che nel ’75 la famiglia inizia con le prime rifermentazioni in bottiglia che oggi, con Andrea, rappresentano ben il 25% della produzione totale. Minimo 36 mesi per tutti, tra 100% Garganega sia extra dry che extra brut, un blend di Chardonnay e Corvina in bianco brut e un blanc de noir 100% Corvina pas dosé; oggi l’azienda può vantarsi di dar voce a territorio e varietà locali anche in un modo diverso, decisamente effervescente, non per questo meno autentico. Da segnalare il rapporto qualità prezzo dei primi due vini. 

Abbiamo scelto (clicca sul nome del vino per aprire la scheda organolettica):


Serafini & Vidotto, quando ostinazione fa rima con estrazione. 

Francesco Serafini e Antonello Vidotto, alle pendici del Montello in provincia di Treviso, per anni si sono ostinati nel tentativo di estrarre colore dalle uve di Pinot Nero di uno specifico appezzamento aziendale. Ostinazione e determinazione a parte non v’era tecnica che tenesse; la durata e la temperatura delle macerazioni poco potevano fare contro quel clone di Pinot che si è poi rivelato essere specifico da base spumante. C’è voluto un tecnico agronomo per chiarire l’arcano e l’intervento della nuova generazione in cantina per iniziare a produrre un metodo classico. Matteo e Marco Serafini firmano un 100% Pinot Nero, blanc de noir, sulle 7000 bottiglie all’anno, cuvée di più annate. Primo release 2023, dal nome elegante. Si chiama Marquise, come il taglio di diamante che Luigi XV fece ideare perché ricordasse la forma delle labbra della sua amante, donna a cui fu destinato il prezioso gioiello. Una storia quindi d’amore, ma più che altro di passione, di bellezza, di lusso e perfezione destinata a durare nel tempo. 

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Brigaldara, “a Volpina III”. 

Di storie da raccontare Stefano Cesari a Brigaldara ne ha sempre moltissime. Io stessa sono rimasta più volte incantata dei suoi racconti. Ma la storia di Volpina III si distingue dalle altre, non riguarda infatti né il vino né i vigneti. Celebra invece un’altra passione di famiglia, quella per la vela. Volpina III è una, piccola, barca a vela in legno; affascinante nell’aspetto ma ancora di più nelle peripezie che ha dovuto affrontare non per mari bensì per tornare, dopo lungo tempo, nuovamente di proprietà di Stefano e della sua famiglia. A lei è stato intitolato il nuovo metodo classico, millesimato, 100% Corvina, dosaggio zero. Il caso, o forse no, ha voluto che la sua messa in commercio corrispondesse al “varo” del nuovo Agriturismo Locanda Case Vecie. Neonato cuore nevralgico per ospitalità, eno e cicloturismo di Brigaldara. A qualche km dalla città, in collina, raggiungibile anche sulle due ruote o a piedi per sentieri europei, immerso nei boschi e nei vigneti. 

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Le Tre Talestri, expertise di famiglia  

Concludo con una storia tutta la femminile. Loro sono le Tre Talestri, tre giovani sorelle determinate ad affermarsi nel mondo del vino con una loro visione fatto tesoro dell’insegnamento ricevuto dal padre. Marcato infatti è un cognome che ci dice qualcosa nel campo della rifermentazione in bottiglia. Oggi le Talestri, in Valpolicella orientale a cavallo tra la Valle di Marcellise e quella di Mezzane, producono vini a denominazione d’origine Valpolicella e, mettendo a frutto la storia di famiglia, ben due metodo classico. I nomi scelti per queste due bollicine sono piuttosto evocativi; hanno optato per Istinto per uno e Ambizione per il pas dosè. Un’Ambizione scaturita tutta da uve rosse autoctone, vinificate in bianco, provenienti da una parcella a pergola che mantiene la freschezza e la spinta che ci vogliono per supportare gli oltre 40 mesi sui lieviti. 

Abbiamo scelto (clicca sul nome del vino per aprire la scheda organolettica):


Certo di racconti simili ne avrei moltissimi altri… e magari seguirà un “parte II”. Alcuni però ve li voglio citare comunque. 

È il caso del metodo classico rosé work in progress da uve Raboso di Luigi Bonotto, Bonotto delle Tezze, non è ancora pronto perché l’acidità rabbiosa necessita di tempo per essere domanta, ma Luigi non ha fretta. 

In provincia di Vicenza, a Breganze, c’è Franca Miotti, azienda Firmino Miotti, che invece sperimenta con la Vespaiola e dà vita a Anima, sfruttando tutta la potenza dell’acidità di questa uva autoctona vera e propria anima del vincentino. 

Tornando nel veronese c’è anche Corte Quaiara, Giovanni Montresor non teme le soste sui lieviti e ci lascia il suo blend di Pinot Nero e Chardonnay per ben 120 mesi. Inutile dirvi che la complessità è infinita. 

Concludo con Bellenda (Conegliano) dove Umberto Cosmo, oltre alla Glera, sussurra anche a Chardonnay e Pinot Nero nei metodo classico Pluck, Würm e Saiph estremi quanto esaltanti. 

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