Neromoro Nicodemi, il lato cupo delle Colline Teramane (1)

di Francesco Annibali 15/10/20
2021 |
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Alessandro ed Elena Nicodemi

Alessandro ed Elena Nicodemi guidano l’azienda di famiglia nelle Colline Teramane con convinzione e, come ci racconta Elena, con serietà.

Non è facile, in una regione come l’Abruzzo che è percepita dagli appassionati come una sorta di entità unica, fare un discorso di zone. Tuttavia si tratta di una azione non solo lecita, ma anche utile, visto che alcune zone possiedono peculiarità proprie.

Le Colline Teramane ad esempio, nella parte settentrionale della regione, messe in evidenza tramite la Docg omonima nel 2003, dove il Montepulciano d’Abruzzo, pur non perdendo il proverbiale tratto generoso e piacevolmente rustico/elegante, porta in dote tannini quasi toscaneggianti e note un po’ più floreali al naso.

Dalla nascita della Docg, una delle aziende che si è posta in risalto è Nicodemi, a Notaresco, condotta dai fratelli Alessandro ed Elena Nicodemi.  Un’azienda che nacque come fattoria di campagna, dove oltre all’allevamento degli animali e alla coltivazione dei seminativi, si produceva vino e olio. Alle fine degli anni ’60 Bruno Nicodemi, padre di Alessandro ed Elena, decise di trasformarla in azienda vitivinicola.

come la conosciamo è nata nel 1970, e la prima decisione fu di piantare solo montepulciano e trebbiano, prevedendo da subito la vendita in bottiglia, cosa non scontata allora in Abruzzo. Nel 2000 Bruno Nicodemi scompare, e subentrano i figli che apportano subito miglioramenti: dalla tecnica di potatura alla ristrutturazione delle vecchie pergole abruzzesi, fino al rinnovamento di alcune porzioni di vigneto e l’individuazione di vigneti particolarmente espressivi per la produzione di cru. Hanno ampliato la gamma di vini inserendo nuove etichette e soprattutto hanno subito puntato tutte le proprie carte sulla Docg Colline Teramane.

Oggi l’azienda si estende su 38 ettari in una zona collinare di cui 30 vitati a corpo unico. L’esposizione è a sud-est, l’altitudine attestata sui 300 metri, con il massiccio del Gran Sasso a guardare le spalle, e il mare a circa 10 km. Qui le viti godono di un’escursione termica e di una ventilazione salutari per la maturazione dei loro frutti e tutte affondano le radici in un terreno di medio impasto cacareo-argilloso, ricco di calcio (peculiarità della Val Vomano), che conferisce un buono spessore alle bucce e una buona consistenza.

Il vino principale dell’azienda è il Neromoro, selezione di Montepulciano d’Abruzzo Colline Teramane, che viene prodotto con le uve di una sola vigna esposta ad est, allevata a tendone che oggi ha circa 50 anni. Nelle annate più quantitative la vigna viene diradata a fine luglio/primi di agosto lasciando un grappolo per germoglio, con un massimo di 8-10 grappoli per pianta. Dato l'esuberanza del vitigno e la durezza dei suoi tannini la defogliazione non è mai eccessiva, ma è ridotta al minimo necessario, al fine di ridurre il rischio di oidio e non favorire la sintesi di tannini "duri" tenendo le uve scoperte al sole.

La raccolta normalmente non viene effettuata prima della metà del mese di ottobre e viene fatta manualmente in cassette da 20 kg, attendendo la maturazione ottimale non solo del tannino delle bucce ma anche quello del vinacciolo, anche se non è per niente facile raggiungere tale obiettivo nel montepulciano.

Dopo la diraspatura, in tini in acciaio si procede con una macerazione a freddo per circa 2 giorni che aiuta le estrazioni dei precursori aromatici. Le macerazioni non sono mai troppo lunghe, circa 8-10 giorni. Il mosto in una prima fase fermenta a una temperatura di circa 34°C, qui si ha una maggiore estrazione dei polifenoli dalle bucce, poi la temperatura viene abbassata a circa 26-27° C e il mosto continua a fermentare per altri 3-4 giorni. Al temine si svina e la fermentazione termina senza le bucce.

Durante tutta la fermentazione si fanno rimontaggi all’aria giornalieri; a fine fermentazione vengono fatti due travasi prima di travasare il vino in barrique, dove avviene la fermentazione malolattica. Il vino viene lasciato “sporco” e la permanenza sulle fecce nobili aiuta la polimerizzazione dei tannini.

Infine il Neromoro matura in barrique di rovere francese (50% nuovo, 50% di secondo e terzo passaggio) per 18 mesi. In questa fase vengo fatti dei batonnage settimanali. L’imbottigliamento è senza filtrazione né collaggio.

Abbiamo fatto due chiacchiere con Elena Nicodemi per farci raccontare l’azienda al meglio.

DoctorWine: dicci due parole su di te e tuo fratello.

Elena Nicodemi: Le nostre origini sono abruzzesi da parte dei nonni paterni, ma siamo nati e cresciuti a Roma dove la nostra famiglia si è trasferita prima della seconda guerra mondiale. Quando Alessandro ed io abbiamo preso in mano l'azienda, nel 2000, eravamo entrambi giovani e con esperienze precedenti molto lontane dal mondo del vino: Alessandro ha studiato Economia e Commercio, mentre io ho studiato Architettura. Fino ad allora avevamo sempre vissuto in città. E la vita di campagna era fatta solo di lunghe corse estive tra i filari. Ma gli eventi (la prematura scomparsa di nostro padre) ci avevano catapultati qui all’improvviso e caricato sulle spalle la responsabilità di un’intera azienda agricola. Con quelle viti c’eravamo cresciuti e quella storia ci apparteneva più di quanto ci fossimo resi conto fino a quel momento. Ricordo che non ci siamo detti molto, ci siamo guardati intorno e abbiamo cominciato a fare… forse con quella sana inconsapevolezza e molto entusiasmo tipici della giovane età.

DW: come vi siete organizzati?

EN: Ci siamo divisi i compiti secondo le inclinazioni dei nostri rispettivi caratteri. Io ho un carattere più versatile e amo affrontare sempre nuove situazioni, per questo ho scelto di occuparmi delle vendite che mi vedono impegnata a viaggiare nel mondo dove l’azienda esporta l’80% della produzione. Inoltre, in collaborazione con il giovane e dinamico gruppo di lavoro aziendale, seguo tutte le fasi del ciclo produttivo. Alessandro ha bisogno di avere tutto sotto controllo. Per questo ha scelto di essere sempre presente in azienda per occuparsi principalmente degli aspetti amministrativi. È lui, sempre in prima linea, a risolvere i problemi, il primo referente per tutti i collaboratori aziendali.

DW: Quando avete iniziato a produrre vino avevate un riferimento, un modello al quale ispirarvi?

EN: Quando abbiamo iniziato a produrre vino abbiamo prima di tutto iniziato ad assaggiare i vini dei nostri colleghi produttori in Abruzzo e non solo. Più che cercare un modello di ispirazione ci occorreva capire i vini prodotti fino a quel momento in azienda, ma soprattutto trovare la strada per dare un’identità ai vini che da quel momento in poi sarebbero stati i nostri vini, di Alessandro e miei. È lì che abbiamo capito che il riferimento lo avremmo trovato osservando attentamente i vitigni che coltiviamo. Abbiamo capito che il montepulciano si caratterizza per essere un’uva senza troppi compromessi, dalla buccia abbastanza spessa e acini e grappoli generosi di dimensione, con un’alta concentrazione di sostanze polifenoli e una buona struttura tannica, con buoni precursori aromatici e soprattutto in annate calde di alte gradazioni zuccherine e quindi di alcool. Per le sue caratteristiche di struttura e potenza anche nelle produzioni più alte per ettaro, fin da gli anni ’50 è stato un vino "di soccorso" ovvero di impiego in grandi tagli per aiutare vini di altre zone conferendo il nerbo che in molti casi mancava.  Solo poche aziende negli anni ‘80 improntarono la ricerca della bottiglia sinonimo di riconoscibilità di un territorio. 

Quindi più che un modello, si è fatta strada in noi “l’idea” a cui ispirarsi. Da una parte il concetto di terroir che vede la mano dell’uomo "consapevole" come uno degli importanti attori che rendono il vino frutto di un territorio. La nostra mano mira al rispetto del frutto del Montepulciano e della sua longevità come riconoscibilità territoriale delle Colline Teramane. Dall’altra la strada dell’alleggerimento, vini che si distinguano per dinamismo, freschezza frutto ed eleganza. La carica fenolica del Montepulciano lo rende difficile da vinificare specialmente a rese ad ettaro molto basse, dove si registra una grande concentrazione di buccia e quindi di struttura, creando vini soggetti a deviazioni olfattive che richiamano il selvatico e la difficile beva anche dopo lunghi invecchiamenti. Se non vinificato con opportune attenzioni nelle annate calde si ha la tendenza a vini opulenti e di difficile beva, in annate umide spesso possono prevalere sentori erbacei di difficile interpretazione nel bicchiere. Per questi motivi deve essere vinificato con consapevolezza.

La nostra sfida parte da regolare l’equilibrio dei vigneti tra apparato vegetativo e fogliare per arrivare all’epoca di vendemmia con un frutto ben maturo senza sfociare in surmaturazioni. Non prolunghiamo mai eccessivamente le macerazioni sulle bucce e non dimentichiamo mai, in tutte le fasi della sua vinificazione e affinamento, che sia legno o acciaio, di ossigenarlo in modo opportuno poiché la sua carica di concentrazione tende spesso a renderlo gustativamente chiuso e noi non vogliamo mai che perda la sua essenza fruttata che ci lega a quelle uve, neppure dopo lunghi invecchiamento.

A domani per il prosieguo dell’intervista e per la degustazione.

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