Villa Dora e i vini figli della lava

di Antonella Amodio 26/10/23
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Vincenzo Ambrogio Villa Dora

Un’azienda immersa nel Parco Nazionale del Vesuvio che regala vini autentici e territoriali della denominazione Lacryma Christi del Vesuvio, con espressioni che crescono con il tempo.

Dodici meravigliosi ettari di vigneti a piede franco sono di proprietà della cantina Villa Dora, che delineano i confini territoriali nell’areale plasmato dalla lava del Vesuvio, ricco di biodiversità. Nata nel 1997 come gesto d’amore, Villa Dora deve la fondazione a Vincenzo Ambrosio, che con la produzione di vino ha rivendicato le solide radici della famiglia, che si fanno spazio nella sabbia, nei lapilli e nella cenere di Terzigno, il comune che sorge sul versante sud-orientale del vulcano, parte integrante della “pineta mediterranea” del Parco Nazionale del Vesuvio. 

È su questo tracciato (antica periferia della vecchia Pompei, ricca di resti archeologici di ville romane) che le viti di vecchi filari di 80 anni e di impianti più giovani, sono intervallate da pini marittimi, corteggiate dal sole, dal vento e dalla ribelle natura, concorrendo alla produzione del Lacrima Christi del Vesuvio, la denominazione dal fascino magnetico, che regala vini autentici ed espressivi. 

La famiglia Ambrogio ha dato linfa nuova al Vesuvio in anni in cui c’era tanta quantità a discapito della qualità, credendo in una terra estrema e fertile, capace di originare grandi eccellenze e trasportando nel calice tutta la bellezza dell’intransigente suolo nero vesuviano. Lo dimostrano il Vigna del Vulcano Lacryma Christi del Vesuvio Bianco e il Forgiato Lacryma Christi del Vesuvio Rosso, due espressioni della denominazione campana, da dove si coglie la forza e l’identità dei vini espressa non tanto in gioventù, ma nel tempo. 

Piedirosso, aglianico, caprettone, catalanesca e falanghina sono le varietà di uva allevate con il sistema tradizionale della pergola vesuviana, con un approccio che tiene conto della tradizione, ma guarda al presente e al futuro nell’impiego della tecnologia e tiene in considerazione la natura, visto che da molti anni l’intera produzione (anche di olio extravergine) è certificata biologico. Acciaio inox, vasche di cemento e botti di rovere francese sono impiegati per la vinificazione e per la maturazione dei vini, nella cantina scavata nella roccia vulcanica, con l’attento sguardo dell’enologo Fabio Mecca, in una gamma che vede bianchi, rossi e rosato. 

Vini raffinati ed eleganti, figli della lava e dal volto campano, con i bianchi che giocano di sferzante freschezza e sfidano il tempo, e i rossi che gareggiano in austerità. Il lungo affinamento prima della messa in commercio è tra i modus operanti della cantina che fa varcare il cancello ai vini solo quando sono pronti per evocare il carattere e la personalità di quel lembo di terra a marchio Villa Dora. 

Attualmente l’azienda è gestita dai figli di Vincenzo: Giovanna, Francesca e Antonio, e dall’appassionato giovane nipote che porta in eredità anche il nome del nonno. Ho scelto per la degustazione le annate che reputo straordinarie e che lasciano trapelare il lavoro di eccellenza della cantina che è un mix di passione, territorio e determinazione che dalla vite va in bottiglia. 

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