La territorialità di Selva Capuzza

di Sissi Baratella 02/07/21
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Podere Selva Capuzza Luca Formentini

A Desenzano del Garda, zona Lugana doc, Luca Formentini spinge l’acceleratore su un approccio sensibile e empatico nei confronti dell’ambiente.

L’ispirazione quando arriva arriva. A Luca Formentini, titolare di Selva Capuzza, è arrivata anni fa mentre acquistava una nuova muta di corde per la sua chitarra. Il packaging D’Addario, 33 anni fa, era cambiato e la nuova confezione di carta recitava: “Ricicla. Questa confezione amica del pianeta Terra usa il 75% di materiale in meno rispetto allo standard industriale”.

A Luca si accende la curiosità verso questo tema; entrato in azienda, al fianco del padre, vive nell’attesa che questo suo approccio sensibile e empatico nei confronti dell’ambiente possa finalmente concretizzarsi.

Podere Selva Capuzza si trova a Desenzano del Garda, a sud del lago in piena doc Lugana e produce anche le doc Riviera del Garda Classico e San Martino della Battaglia. Fondata nel 1917 oggi produce 300.000 bottiglie e gestisce 30 ettari di proprietà. Offre anche ospitalità e ristoro in una struttura adiacente. 

La prima sperimentazione in termini di sostenibilità, Luca la mette in pratica con Campo del Soglio, San Martino della Battaglia doc prima annata 1988, realizzando un packaging ad hoc. 100% cartone, per il 90% riciclato e con un -30% di materia prima utilizzata. Questo cartone si faceva ambasciatore di un importante messaggio di responsabilizzazione da parte del consumatore invitandolo a fare quello che è suo dovere per salvaguardare un futuro migliore per tutti. 

Per veder accrescere la consapevolezza di Luca nella scelta sostenibile, dobbiamo attendere l’avvento di Marco Tonni, consulente agronomo per il Consorzio Lugana. Figura strategica e professionale fondamentale a trasformare la strada verso la sostenibilità in qualcosa di tecnico, misurabile e condivisibile. Una citazione su tutte la merita il progetto di Tonni (con Pierluigi Donna e Leonardo Valenti) nominato ItaCa, cioè Italian wine carbon calculator. Un sistema grazie al quale è possibile “monitorare oggettivamente il processo produttivo relativamente all’«impronta carbonica» e di individuare i punti critici da affrontare per migliorare l’efficienza economica e ambientale della filiera aziendale”. (fonte L’Informatore Agrario 3/2010)

Ora per Selva Capuzza non è più solo una questione etica e personale; è diventata scienza ed è misurabile.

Nel Podere si osserva e si attinge da tutto ciò che funziona, per favorire la visione di insieme più ampia. L’azienda oggi è un’oasi di biodiversità dove le vigne si dividono gli spazi con il boschetto e sul tetto della cantina ogni anno nidificano i gheppi. La sostenibilità è concepita come un qualcosa di ciclico, un continuo avanzare delle cose dove la sperimentazione è fondamentale. La più recente delle sperimentazioni riguarda un vino senza nome. L’etichetta (per ora) recita solo “Vino”; è annata 2019, senza capsula, senza solfiti, senza lieviti aggiunti, senza filtrazione, vinifica nella vasca di cemento del nonno rimesse in uso (riciclate, se vogliamo), è 100% turbiana.

Uva quest’ultima regina indiscussa della zona; che sembra non avere più segreti per questa azienda che la propone magistralmente di pronta beva, con qualche affinamento in più e in una stupenda versione riserva. Il Menasasso, riserva austera, essenziale, elegante. 

Ho assaggiato Vino 2019 in anteprima, con la sua etichetta bianca col buco che richiama i cerchi presenti sulle etichette degli altri Lugana (perché Lugana = tempo, ciclicità).

Il colore è aranciato, ma comunque brillante, al naso l’acidità volatile spunta un po’, ed è conseguenza diretta delle scelte di cantina, niente solfiti e niente inoculo di lieviti. Ma se al naso non mi aveva convinta del tutto vi garantisco che all’assaggio ha molto più da dire. Racconta infatti l’uva e il territorio con quella sua sapidità e lunghezza disarmanti. La mia conclusione è che Vino è, sopra ogni cosa, un prodotto territoriale, sostenibile, coraggioso, che fa discutere e riflettere. Un bel passo avanti in più verso scelte materiali che tolgono, che riciclano e non rimpiazzano, che ci fanno fermare e ci spingono a ragionare. 

Lugana Menasasso Riserva 2016 

94/100 - € 20,00 

Da uve turbiana. Un 10% matura in barrique usate per circa 18 mesi.

Giallo con riflessi luminosi tra l'oro e il verde. Il naso è diretto, senza sbavature con note di oliva nera, salamoia, e qualche accenno speziato, quasi tostato. In bocca è verticale, elegante e composto. Note agrumate si integrano perfettamente alla sapidità. Il sorso sa essere anche morbido e complesso sul palato. Beva appagante.  

Lugana Selva 2019 

92/100 - € 15,00 

Da uve turbiana. Acciaio, affina sulle fecce fini per 6 mesi circa.

Paglierino dai riflessi luminosi. Denso nel calice, al naso cedro candito e sentori legati alla terra a preannunciare tensione. Ricorda la menta fresca e la salvia. La beva è complessa, elegante e infinita. Tendenzialmente dall’aroma agrumato e fresco, la sua persistenza è importante e non stanca. Da finire la bottiglia. 

“Vino 2019”

88/100 - € 21

Da uve turbiana. Vinifica in cemento, lieviti indigeni, vino senza solfiti aggiunti.

Torbido, aranciato con riflessi ramati. Sentori di sedano e note di volatile dal tocco fresco. Denso e ricco di glicerina nel calice. Ricorda la terra e le radici, poi note dolci di scorza di arancia candita. Ingresso in bocca fresco, verticale, aroma di liquirizia pura. Dal finale agrumato, scorza di arancia rossa e lime. Molto intrigante all’assaggio, pulito sul palato, amaricante il finale.  

Prodotto in 1960 bottiglie (ma in realtà sono 1500 perché non avevano calcolato che c’era più fondo del solito).

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