L’Umbria bianchista e i due nuovi grechetto di Goretti

di Flavia Rendina 24/08/21
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Goretti umbria grechetto

Sempre di più i produttori umbri stanno riscoprendo una tradizione incentrata sui vini bianchi, che parla soprattutto di grechetto, ma anche di trebbiano spoletino, verdello e canaiolo bianco.

Non solo grandi vini da sagrantino e sangiovese, negli ultimi anni l’Umbria ha riscoperto la sua tradizione bianchista; quella, per intenderci, che la domenica si metteva a tavola con tutta la famiglia attorno a un ragù bianco e a un pollo (o coniglio) arrosto. Per farlo, stavolta ha scelto le sue uve bianche locali: grechetto, in primis, nei suoi diversi cloni, ma anche trebbiano spoletino (vitigno la cui riscoperta si è consolidata proprio nelle ultimissime vendemmie), accanto a uve minori come verdello e canaiolo bianco.

Complice certamente l’evoluzione del gusto e l’alleggerimento generale della cucina, che richiede un po’ ovunque nel Bel paese vini sempre più leggibili e abbinabili a preparazioni che contemplino carni bianche e verdure, piuttosto che i tanto gettonati brasati e salmì degli ultimi decenni del secolo scorso. Ma complice anche una maggiore “consapevolezza enologica” da parte della regione che, negli ultimi anni, ha azzardato non a caso anche la riscoperta di varietà rosse dimenticate, come ciliegiolo di Narni o gamay del Trasimeno.

È quindi un’Umbria che ritrova la sua identità senza più bisogno di “imitare” altri grandi territori del vino. Oggi ve la raccontiamo attraverso un’azienda di antica fondazione, ma in pieno rinnovamento dal punto di vista agronomico ed enologico. Senza nascondere un passato da grandi numeri produttivi, comune nell’Umbria degli anni ‘60, cui resta in parte legata con un’importante fetta di introiti dettata ancora dalla vendita dello sfuso, l’azienda della famiglia Goretti guarda infatti al futuro con nuovi impianti e nuovi vini, che fanno delle uve tipiche della regione il fulcro della propria attenzione produttiva.

Situata alle porte di Perugia, in piena Doc Colli Perugini, non poteva che essere il grechetto (di Todi o clone G5), che qui (oltre che nell’Orvietano, ma con il clone G109) raggiunge la sua massima diffusione, il primo cavallo su cui l’azienda potesse puntare. Così, accanto alla consolidata etichetta Il Moggio, versione strutturata e classicheggiante del vitigno con passaggio di 4 mesi in barrique, da quest’anno si affiancano altre due versioni dell’uva tipica del centro Italia.

È un calice volutamente leggiadro e fresco quello delineato nella versione base del Colli Perugini Grechetto appena presentato al pubblico. Pur mantenendo una bocca rotonda e una gradazione piuttosto elevata, 13,5%, elemento quasi inevitabile in quest’uva che tende a concentrare molti zuccheri in maturazione, la versione “base” offre un olfatto tutto giocato sulla freschezza degli aromi di erbe di campo, fiori e frutta bianca, con un lieve accenno di ananas. «Per questo vino ho lavorato il più possibile in riduzione, evitando movimentazioni del mosto, in modo da preservare tutta la fragranza degli aromi tipici dell’uva – racconta il consulente enologico dell’azienda, Emiliano Falsini, enologo di origine toscana impegnato in realtà sparse sul territorio nazionale e in due aziende di proprietà, una a Bolgheri e l’altra sull’Etna –; credo infatti che uno dei peggiori nemici del grechetto sia l’ossidazione. Le lavorazioni in cantina sono state ridotte al minimo, con criomacerazione per 12-18 ore delle uve, pressatura soffice e illimpidimento statico a freddo; la fermentazione è avvenuta poi con lieviti selezionati, ma in futuro mi piacerebbe provare a fare fermentazioni spontanee. Per questo però dobbiamo aspettare che lo zio Gianluca (Goretti, agronomo ed enologo interno, n.d.r.) dia il suo assenso».

Caratteristica fondamentale dell’azienda Goretti è infatti la dimensione familiare, il cosiddetto “team famiglia” come lo definiscono le due sorelle Sara e Giulia Goretti, rispettivamente impegnate nei rapporti con l’estero e con l’Italia. Fondata all’inizio del ‘900, l’attività ha contato infatti il susseguirsi di ben quattro generazioni e vede ancora schierati in prima linea il padre Stefano, responsabile amministrativo, e suo fratello Gianluca, agronomo ed enologo, oltre alla nonna Marcella, vera istituzione, che cura con dedizione tutta la parte relativa all’accoglienza e alle proposte turistiche, come i corsi di cucina umbra.

«Il bello della nostra realtà è il continuo intreccio di generazioni diverse che lavorano a braccetto tra loro – racconta Sara – per cui abbiamo ancora una parte che difende un passato “sicuro” e frena per non staccarsene del tutto, mentre noi cerchiamo di apportare maggiore innovazione».

Simbolo di questa voglia di modernità è l’ultimissimo nato in casa Goretti, lo spumante brut nature Alchèmia prodotto con metodo ancestrale da uve grechetto. «Sono molto affezionato a questo metodo di spumantizzazione, perché credo tiri fuori tutto il carattere dell’uva, perciò tendo a proporla in tutte le aziende con cui collaboro» spiega Falsini. «In questo caso siamo partiti da una base di uve grechetto selezionate e raccolte molto presto, per preservarne l’acidità, pressate in modo soffice per conservare i lieviti indigeni delle bucce e fermentate a 16 °C. Una volta raggiunti i 25 g/l di residuo zuccherino, abbiamo raffreddato il mosto e filtrato a 5 micron per interrompere la fermentazione. Dopo averlo lasciato 6 mesi in serbatoi di acciaio inox, l’abbiamo infine imbottigliato per far partire in primavera la rifermentazione spontanea».

Primo esperimento di vinificazione con metodo ancestrale – almeno a noi noto – del grechetto umbro, dal colore paglierino appena velato, con spuma abbondante, quello dell’Alchèmia è un naso davvero fragrante di fiori, agrumi ed erbe di campo, dal palato rotondo, grazie a una carbonica molto soffice, e con una spina fresco-sapida quasi dissetante.

«Un esperimento che ha fatto letteralmente tremare nostro zio, che avrà stappato un terzo delle bottiglie prodotte (appena 2.000) per assicurarsi che fosse davvero partita la rifermentazione!» scherzano in modo iperbolico Sara e Giulia. «Ciò che è certo è che questo rappresenta per noi un primo passo verso un’interpretazione più moderna della nostra uva, che non nascondiamo di voler sperimentare in futuro anche in una versione macerativa».

Due vini che vanno quindi a completare la gamma di versioni del grechetto, dalla più complessa alla più disimpegnata e versatile, e che si uniscono alle altre etichette dell’azienda, tra cui l’elegante e balsamico Colli Perugini L’Arringatore, tradizionale blend di uve sangiovese al 60%, ciliegiolo al 30% e restante merlot, e il Montefalco Sagrantino proveniente dai terreni che l’azienda possiede all’interno della Docg, di cui si apprezza soprattutto la buona gestione del tannino, in favore di una accessibilità di beva affatto scontata per la tipologia.

Colli Perugini Grechetto 2020

89 - € 12

Da uve grechetto, lavorato solo in acciaio. Paglierino verdolino.

Naso integro e fresco di erbe di campo, pera, susina acerba e lieve ananas. Bocca di decisa freschezza e sapida, comunque rotonda, con finale gradevolmente ammandorlato di erbe.
 

Alchèmia Spumante Brut Ancestrale 

91 - € 23

Da uve grechetto. Rifermentazione con metodo ancestrale. Giallo paglia, velato, con spuma abbondante.

Piacevole l’approccio olfattivo di fiori di magnolia e sambuco freschi, pera estiva, uva spina e limone. Volume carbonico soffice al palato, percorso da freschezza decisa e salina, quasi dissetante. Chiude piacevole, pulito e agrumato.

Il Moggio 2018

92 - € 15 

Da uve grechetto, matura 3 mesi in barrique e 8 in bottiglia. Oro dai riflessi verdi.

Approccio olfattivo piuttosto fragrante di fiori bianchi dolci, frutta a polpa gialla e agrumi, accompagnati da erbe di campo, toni minerali e un sottofondo delicato di vaniglia. Bocca ricca, morbida e rotonda, ma con una spina acido-sapida ben viva che si allunga nel finale agrumato e persistente.

Colli Perugini L’Arringatore 2016

93 - € 24

Da uve sangiovese 60%, ciliegiolo 30% e merlot 10%, matura 14 mesi in legno. Rubino scuro.

Elegante e profondo il naso, dal carattere balsamico, speziato e fruttato, da cui si distinguono soprattutto macis, tabacco, marasca sotto spirito, sandalo e pot-pourri. Al palato conserva pari profondità balsamica e gusto fruttato, corredati da stuzzicante sapidità e da un tannino croccante e levigato. Lunghi echi di spezie e prugna al retrolfatto.

Montefalco Sagrantino 2016

90 - € 28

Da uve sagrantino. Matura 16 mesi in barrique. Rubino.

Naso incentrato su toni floreali maturi e appena appassiti, confettura di prugne, foglie secche e spezie dolci. Più interessante in bocca, di struttura e con trama tannica importante ma mai esuberante, disciolta da ottima acidità. Retrolfatto longevo e coerente con la via diretta.

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