I vini di Camigliano in visita a Giannino 1899

di Flavia Rendina 26/05/22
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Camigliano Famiglia

L’incontro tra i vini di un meneghino doc che ha fatto di Montalcino il suo buen retiro e un ristorante storico che ha scelto uno chef sardo e viaggiatore come guida verso una cucina più moderna e cosmopolita: sintesi di una Milano che non smette mai di cambiare.

«Da bambino giocavo a pallone in Galleria, ma oggi la città è un’altra cosa: sporca, frenetica, caotica… quando vi capito, non vedo l’ora di tornare in campagna». Era un milanese doc Gualtiero Ghezzi, nato e cresciuto a due passi dal Duomo. Ma oggi guai a tenerlo lontano per più di un giorno dalla sua amata campagna ilcinese. Da qualche anno la sua nuova casa è infatti Camigliano, sede della sua azienda omonima, un borgo medioevale di 22 anime, perlopiù pensionati che vivono di sussistenza grazie al proprio orto, di cui lui e la moglie Laura si sentono fieramente parte. 

Isabella e Silvia, le due figlie che li assistono nella gestione dell’azienda curando principalmente i rapporti con l’estero, sono rimaste invece a Milano. «Un tempo il viaggio da Milano era una vera impresa; solo per raggiungere Camigliano da Montalcino ci volevano 40 minuti, con un guado da attraversare; oggi per fortuna solo 10» racconta Gualtiero. Eppure, nel 1957, suo padre Walter si innamora di questo luogo sperduto e dismesso, e decide di comprarlo come investimento. «Lui è sempre stato uno che amava aggiustare le cose rotte: questa struttura diroccata fu l’ultima delle sue imprese». 

All’epoca l’azienda era polifunzionale, con allevamento di maiali e mucche, poi, all’inizio degli anni ’90, grazie a Gualtiero, la specializzazione in vino, con la messa a dimora di nuovi vigneti (90 ha circa su 500 complessivi, ripartiti tra ulivi, bosco e seminativo) e la creazione della cantina. Ulteriori modifiche sono state fatte in anni più recenti, con lo spostamento sotto terra della cantina, «in questo modo siamo riusciti a ridurre l’impatto ambientale, sia energetico che visivo, ricoprendo il tetto con un prato e con un magnifico albero di mimosa» racconta la figlia Isabella, e l’impianto di nuovi cloni sperimentali selezionati dall’università di Pisa. Tutto intorno, boschi e macchia spontanea «perché – come dice Gualtiero – le vigne vanno messe dove stanno bene, il resto deve rimanere natura», un’attenzione che gli permette di effettuare una viticoltura totalmente biologica dal 2017. Non ultima operazione, la ristrutturazione di vecchi poderi e case in paese, per accogliere visitatori e turisti del vino, che sta restituendo nuova linfa socio-culturale all’intera comunità.

Ad assisterlo in cantina, nomen omen, l’Enologo Cantini, che ha ampliato la classica gamma aziendale di Brunello e Rosso di Montalcino, con le più recenti etichette di Vermentino e Rosato della linea Gamal, assecondando le possibilità dei vigneti (se l’altitudine è omogenea attorno ai 250 metri, la composizione geologica dei suoli è invece piuttosto variegata, con presenza di sabbia, limo, argilla, marna e fossili) e i gusti del mercato, fino a raggiungere una produzione di circa 330mila bottiglie, cui si affiancano due grappe e un ottimo olio extravergine d’oliva biologico, ottenuto da varietà Leccino, Frantoio, Moraiolo e Correggiolo.

L’evoluzione di Giannino dal 1899

Per presentare gli elementi più interessanti della gamma aziendale, è stata scelta una sede milanese storica, baluardo di una Milano che non c’è più, ma con la quale è a sua volta cambiata, continuando a farlo ancora oggi con coraggio e determinazione. Parliamo, ovviamente, di Giannino dal 1899, oggi tra i Locali storici d’Italia, che ha sede sotto i portici di via Vittor Pisani, in pieno centro. Le origini del marchio risalgono all’Ottocento, quando era una semplice fiaschetteria di periferia, prima di trasferirsi nella sede attuale e diventare progressivamente il locale più amato dal jet set milanese degli anni ’80 e ’90. La sua cucina e il suo servizio hanno saputo evolversi e cavalcare i tempi e le mode, in anni in cui la città e la sua popolazione sono cambiati radicalmente; non stupisce quindi che oggi, fresco di un restyling di grande eleganza, il ristorante scelga anche di puntare su una cucina più moderna, in grado di strizzare l’occhio a un pubblico internazionale, ormai vero protagonista della city

L’oneroso incarico è stato affidato da gennaio 2022 allo chef di origini sarde Maurizio Lai, corporate executive chef anche della sede londinese di Giannino: un appassionato giramondo che in 18 anni ha collezionato esperienze di alta ristorazione a Londra, Pechino e Dubai. Nella sua cucina sono presenti influenze asiatiche e del middle east – «la Cina è stata una la mia prima esperienza all’estero e mi è rimasta nel cuore» –, senza perdere di vista le origini sarde. Ma come si combinano queste declinazioni con la proposta di un ristorante milanese autentico come Giannino? «Effettivamente può sembrare anomalo trovare uno chef sardo in un tale contesto, ma il lavoro che sto cercando di portare avanti è proprio quello di riprendere piatti di 100 anni fa e trasportarli nel presente, in un ambito globale, reinterpretandoli. Un elemento chiave di questo lavoro è, ad esempio, la ricerca della sapidità, dell’umami: insomma, proporre qualcosa di antico che abbia un gusto, e una fruibilità, del tutto nuovi. Poi è ovvio che ci sono piatti intoccabili: il risotto giallo e la costoletta sono i nostri capisaldi e guai a modificarli!».

L’incontro Giannino-Camigliano

Il menu-incontro con i vini di Camigliano che ci è stato proposto si è rivelato coerente con questa visione: innovazione (espressa essenzialmente nella scelta di ingredienti fusion) centellinata e ben applicata; sapori puliti e decisi; consistenze inedite e cotture a regola d’arte (come per la guancia).

Abbiamo iniziato con tre gradevoli amuse-bouche di Quinoa e ricci, Burrata affumicata e acqua di pomodoro allo zafferano, Zucchina e mozzarella, accompagnate dal Rosato Gamal: sorso salino e dissetante, di buona mineralità, particolarmente piacevole assieme alla polpa di riccio di mare, di cui amplificava l’intensità marina. 

Seconda uscita, e secondo pairing, un piatto fuori carta, il Carpaccio di capesante, insalata glacialis, maionese al miso e cannolo con panna acida e caviale, accanto al Vermentino Gamal, ottenuto da un clone corso della varietà: un calice fruttato molto intenso e di persistente aromaticità, persino un filo esuberante per la portata, in cui era impeccabile il rapporto tra salinità e dolcezze.

A seguire, due esempi di tradizione rivisitata dallo chef: la Lasagnetta di grano saraceno e ragù bianco di vitello, modernizzata nel gusto ma senza perdere in goduriosità, e la magistrale Guancia di vitello, patata morbida al crescione e cavolo nero, in cui le consistenze cremose e la scioglievolezza della carne erano bilanciate dalla croccantezza della cialdina e dall’amaricante del vegetale. Per questi due piatti sono stati “scomodati” i tre cavalli vincenti dell’azienda, i Brunelli: il Brunello di Montalcino 2017, il Paesaggio Inatteso 2017 e il Gualto Riserva 2016. Tre calici molto diversi tra loro – balsamico, sapido e caldo il primo; scuro, speziato e fitto il secondo; ampio, tostato e goloso il terzo – e la conferma che, quando un grande vino e un grande piatto si incontrano, la ricerca dell’abbinamento perfetto è puro virtuosismo.  

Toscana Rosato Gamal 2021

86/100 - € 11

80% Sangiovese, 20% Syrah. Acciaio, 4 mesi sulle fecce. Bel rosa tenue. Naso delicato d’agrume. Sorso fresco, salino e dissetante, di buona persistenza agrumata.

 


Toscana Vermentino Gamal 2021

88/100 - € 15

100% Vermentino. Acciaio, 5 mesi sulle fecce. Paglierino chiaro. Molto intenso di fiori, agrumi (pompelmo), melone invernale ed erbe aromatiche. Sorso di media struttura, sapido, intenso, di persistente aromaticità. 
 


Brunello di Montalcino 2017

89/100 - € 27

100% Sangiovese grosso. Matura 24 mesi in botti di rovere e 12 in bottiglia. Rubino appena sfumato. Potente il naso di cassis, spezie e legni balsamici; bocca strutturata ma fluida, grazie alla piacevole sapidità, e finale caldo. 
 


Brunello di Montalcino Paesaggio Inatteso 2017 

92/100 - € 45

100% Sangiovese grosso. Matura 30 mesi in botti di rovere. Rubino scuro. Profilo scuro e un filo austero di spezie e frutti di bosco poco maturi. Bocca in linea, tesa, dai tannini giovani e fitti, con congedo caldo e speziato. Un vino di carattere, di promettenti prospettive.

 

Brunello di Montalcino Riserva Gualto 2016

95/100 - € 75

100% Sangiovese grosso. Matura 36 mesi in botti di rovere e 2 anni in bottiglia. Rubino appena degradato ai bordi. Olfatto goloso di tostature di cacao e caffè, spezie dolci e marasca sciroppata, con note officinali e balsamiche a dare giusto tono e freschezza. Coerente l’assaggio, con tannini ben disciolti, acidità rinfrescante e piacevole salinità, per un lungo e intrigante finale tostato.  

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