200 anni per la cantina Santa Lucia

di Annalucia Galeone 02/06/22
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Azienda Agricola Santa Lucia Puglia

Dedicata al Nero di Troia, Santa Lucia ha come obiettivo principale la produzione di vini con una forte identità varietale strettamente legata alla singolarità dei suoli, del microclima e dell’annata di produzione.

A Corato, fra le colline della Murgia nord barese, ha sede la cantina Santa Lucia. Roberto Perrone Capano ne è il titolare. Quest’anno l’azienda festeggia un importante traguardo: ricorre il bicentenario della fondazione avvenuta nel 1822. 

Un legame solido e intenso lega la famiglia partenopea al territorio, le prime tracce documentate della loro presenza risalgono al 1628, quando “Marc Antonio Perrone possedeva annui ducati 60 di feudi fiscali sopra Quarati” (Quarati è l’odierna Corato). Una curiosità, Giuseppe Perrone Capano, il bisnonno, era un consigliere di Cassazione. Fu pretore di Andria e giudice istruttore a Lucera. Durante questo ultimo incarico, scoprì uno dei più clamorosi errori giudiziari del suo tempo, passando alla storia come l’artefice di una delle rarissime revisioni registrate dalla cronaca giudiziaria dell’epoca borbonica. 

Santa Lucia, il nome deriva dalla contrada, è una piccola realtà a conduzione familiare, ad aiutare Roberto ci sono le figlie gemelle Sara e Marina. L’obiettivo è fare vini che siano espressione del territorio. Su 14 ettari di proprietà si producono all’incirca 40 mila bottiglie (la metà va all’estero), dal 2016 opera in regime biologico certificato. Il terreno è calcareo, le brezze collinari sembrano accarezzare il frutto che raggiunge naturalmente la maturazione ideale. Qui, il Nero di Troia è il protagonista tra le varietà, lo affiancano il Bombino Nero e il Fiano. Le etichette prodotte sono quattro: il Melograno e le More riserva entrambi da Nero di Troia, Fior di Ribes rosato di Bombino Nero, Gazza Ladra bianco di Fiano. 

«Sin dal mio arrivo - racconta l’enologa Emilia Tartaglione - ho respirato un clima di fiducia, ripagato dal successo delle scelte fatte in vigna e in cantina. L’intero ciclo di produzione segue un percorso semplice, il cui obiettivo principale è la creazione di vini con una forte identità varietale strettamente legata alla singolarità dei suoli, del microclima e dell’annata di produzione. Per la produzione dei rossi facciamo macerazioni brevi, che ci aiutano a conservare l'importante aroma fruttato del Nero di Troia, permettendoci anche di avere tannini eleganti, capaci di dare nel tempo un prodotto di piacevole beva. Segue l'affinamento in botte grande e, solo per la riserva, quello in barrique di primo passaggio». 

Le origini del Nero di Troia sono incerte, si perdono tra storia e leggenda. Forse fu l’eroe Diomede, sbarcato nella Daunia dopo la guerra di Troia, a fermarsi in una zona a cui diede il nome di Campi Diomedei e vi piantò alcuni tralci di vite di Nero di Troia che aveva con sé. Ma forse potrebbe derivare dal centro in provincia di Foggia Troia e un’altra ipotesi ancora è che abbia avuto origine nella città albanese di Cruja, vernacolizzato in Troia. Qualunque sia la sua genesi, dopo il Primitivo e il Negroamaro è la varietà a bacca nera più diffusa nella Puglia settentrionale e la terza per importanza commerciale ma non ha una connotazione identitaria, è assente un tratto comune a causa delle molteplici interpretazioni. 

«Il futuro del Nero di Troia è ancora da scrivere – afferma Roberto Perrone Capano – Questo vino è come un sigaro cubano: affascina l'esperto, ma stende il novellino. Tuttavia, lavorando sull'identità del prodotto, potrebbe arrivare ad eguagliare le Grenache francesi, il Nebbiolo o il miglior Sangiovese toscano. Il Nero di Troia potrebbe rimanere un vino per intenditori, ma con la giusta sinergia tra i produttori, lottando contro l'individualismo dilagante, questo vitigno potrebbe diventare un grande volano per la vitivinicoltura pugliese». 

DoctorWine: Quando si è sviluppata la vocazione vitivinicola del vostro territorio?

Roberto Perrone Capano: «Il coratino non ama né il mare né la montagna, quando può, si ritira nel suo casino in campagna per dedicarsi alla coltivazione del suo appezzamento. Esiste una radicata tradizione contadina e purtroppo un’eccessiva frammentazione della proprietà terriera che ha determinato un ritardo nella produzione di vini di qualità. I piccoli produttori si sono uniti quando il mercato delle uve è andato in crisi, sono persone appassionate, la terra è ben lavorata ma non viene adeguatamente rispettata. Credo che l’eccellenza possa essere ottenuta solo dai viticoltori che scelgono la raccolta manuale e applicano la decantazione a freddo».

DW: E quando è iniziato l’exploit del Nero di Troia?

RPC: «L’exploit tecnico risale ai primi anni del millennio, ricordo ancora i wine tasting in forma privata tra Renzo Cotarella, Paolo Caciorgna, nostro enologo all’epoca, e Daniel Thomases, l’allora collaboratore di Robert Parker. Il Nero di Troia è un vino non facile da produrre e vendere, ha bisogno di tempo per l’affinamento, è ricco di tannino e di polifenoli, si concede a più interpretazioni stilistiche dai risultati sempre diversi. Manca ancora di una propria identità».

DW: Cosa apprezza del Nero di Troia?

RPC: «La sua ampiezza, il fruttato che evolve, il tannino morbido che pulisce il palato, l’intensità, la persistenza, l’enorme capacità di invecchiamento. La sua personalità insomma».

DW: Il Nero di Troia è una varietà che in Italia non è ancora “esplosa”. Il mercato è impreparato o la comunicazione finora adottata è stata inadeguata?

RPC: «Un piano di comunicazione elaborato su misura non c’è mai stato, la cultura del vino è in costante crescita ma è ancora merce rara. Serve, a mio parere, un grande produttore alla guida dell’intera area che adotti un metodo di divulgazione e promozione incisivo che funga da traino e butti giù il muro di diffidenza che ancora aleggia. Pensare e piantare un vigneto è un progetto di vita. Il ritorno lento dell'agricoltura chiede di fare una scelta. Bisogna inseguire l'eccellenza enoica e affrontare i cambi di mentalità». 

DW: Il suo Nero di Troia all’estero. 

RPC: «Nel nord Europa il gusto è stato plasmato dai rossi francesi, generalmente più morbidi. Stupisce e intimorisce la potenza dei nostri rossi giovani. Il palato americano è più versatile, è avvezzo al tannino. Esportiamo in Svizzera, Corea, Australia e Giappone, in questi abbiamo trovato gli importatori giusti. Non siamo grandi, riusciamo a inviare al massimo tre pedane ciascuno, non di più».

Santa Lucia
Castel del Monte Nero di Troia Il Melograno 2019 

89/100 - € 16 

100% Nero di Troia. Matura 12 mesi in botti di rovere da 35 hl e sei mesi in bottiglia. Colore violaceo, olfatto intenso con note di frutti di bosco, prugna, ciliegie e poi spezie, liquirizia in particolare. La bocca è calda, avvolgente ed equilibrata, il tannino morbido e persistente.

Bottiglie prodotte: 30.000.   

Santa Lucia
Castel del Monte Nero di Troia Riserva Le More 2017 

92/100 - € 29,50 

100% Nero di Troia. Matura in barrique da 228 l per circa 18 mesi. Rosso scuro. Naso fine e profondo. Note di frutta sotto spirito, more, prugne, lampone e sul finale spezie. Bocca elegante e piacevole, finale lungo.

Bottiglie prodotte: 4.000.   

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