Sudditanza

di Riccardo Viscardi 04/01/17
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Sudditanza

Vi propongo una mesta riflessione su quello che accade a molta critica italiana e che non condivido; a dire il vero ne sono coinvolti anche alcuni produttori che non si rendono conto dell’errore, nel loro caso doppio, in cui incorrono. Andiamo con ordine. Siamo nel periodo dei social; quindi le novità e le fotografie ripetutamente postate da molti sui propri profili permettono una lettura piuttosto facile dei messaggi e dei contenuti che si vogliono dare. Questo aiuta a capire come poi vengono "letti" i vini italiani.

Possibile mai che l’80% dei vini postati da critici e produttori italiani non siano italiani? E che al contrario i giornalisti stranieri abbiamo delle medie molto più elevate di vini di diverse nazionalità?

Possibile mai che i produttori francesi non postino praticamente mai vini che non siano francesi, principalmente di zone minori, elogiandoli oltre la realtà?

Da ciò mi sembra facile dedurre che la maggior parte degli addetti ai lavori abbia come unico riferimento vitivinicolo la Francia con una capacità di confrontarsi con il reale stato del vino italiano piuttosto limitata. Il problema peggiore è che sovente vengono citate in maniera entusiastica etichette, principalmente borgognone, che sono piuttosto banali e neanche rappresentano l’alta qualità che si raggiunge in quella zona. Insomma dando come riferimenti vini medi e non le bottiglie migliori. Come spesso ci dimostra Vinogodi nei suoi articoli sulla Francia e il fondo del direttore Si fa presto a dire Pinot Nero, i grandi riferimenti borgognoni sia bianchi che rossi viaggiano intorno ai 300 euro a bottiglia a dir poco e tutto il resto, come cantava Califano, "è noia, e non ho detto gioia". Quindi, prima di predicare, bisogna aprire il portafogli, cosa non banale.

Ma è il caso di dividere il discorso in due sottoinsiemi: i produttori e i degustatori. È buona cosa che, per esempio, i produttori di pinot nero, chardonnay o bollicine varie, bevano vini dei "cuginastri" e anzi questo va a loro merito. Lo chiamerei "aggiornamento professionale". Talvolta auspicherei un confronto anche con il nuovo mondo, principalmente Oregon per il pinot nero e diverse altre regioni vinicole extraeuropee per lo chardonnay, e sarebbe sicuramente meglio anche per non cadere in depressione. Allargare la propria visione con altri prodotti italiani forse sarebbe di aiuto per capire meglio il proprio territorio. Ma come mi è accaduto recentemente, cari produttori, se pensate che bevendo un Pommard di annata calda e di media qualità serva a qualcosa per migliorarsi, allora siete proprio fuori strada.

Quello che mi lascia perplesso è quando vedo i vari produttori italiani di Rosé che non bevono Provenza, rosati di riferimento e mercato appetibile, bensì si intestardiscono sulla famigerata Borgogna. Mi nasce spontanea la domanda: ma a che vi serve pubblicizzare su Facebook che avete aperto quella determinata bottiglia? Serve per trasmettere ai vostri clienti un messaggio subliminale del tipo: bevete questi che sono migliori dei miei? Stesso discorso per i produttori di bollicine; troviamo in Italia anche Champagne più a buon mercato della norma ma la cui qualitàè scarsa. Se postate quella bottiglia state dicendo: costa come il mio ma è più buono e in più c'è scritto Champagne che come nome ha certo piùappeal di Franciacorta, Oltrepò Pavese o Trentodoc, tanto per citare le denominazioni più importanti. Insomma un vero autogol. Chi sono i produttori di bollicine italiane che non postano mai champagnetti ma solo quelli buoni e ovviamente costosi? I produttori di Prosecco che, dite quello che vi pare, commercialmente sono imbattibili e hanno creato uno stile scopiazzato addirittura dai francesi, che iniziano a fare prodotti che ammiccano al mercato del bere miscelato.

La conclusione? Abbandonate questa sudditanza psicologica , siate orgogliosi di quello che fate e dei vostri territori; bevete più vini italiani e sicuramente avrete le idee più chiare su cosa fare e come farlo. Ah infine; il prossimo produttore che elogiando un suo vino mi dice che rassomiglia a… che non sia il suo territorio gli do un cazzotto.

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