Vie di Romans, i Sauvignon col silenziatore (2)

di Francesco Annibali 10/12/15
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Vie di Romans, i Sauvignon col silenziatore (2)

Rieccoci con Gianfranco Gallo, titolare dell'azienda Vie di Romans, a proseguire la nostra chiacchierata davanti a un calice di vino dorato. Per chi si fosse perso la prima parte dell'intervista, prima di proseguire nella lettura è meglio andare a leggere qui

DoctorWine: Quali sono le caratteristiche che il sauvignon esprime in Friuli?
Gianfranco Gallo: Il Friuli è un mix climatico, tra il mare Adriatico, che sta a 20 km, e il clima continentale/alpino/subalpino. L’Adriatico dà calore e avvolgenza, il clima dà mineralità. Ma intendiamoci sul significato di quest’ultimo termine: la mineralità primaria, quella figlia della fermentazione, è un difetto. Quella che emerge in terziarizzazione è un pregio. Il vitigno in Friuli dà naturalmente vini bassi di note erbacee da pirazine. A meno che non dai concimazioni azotate fortissime che apportano grande vigore alla pianta. In Friuli la nota di asparago è dolce, attorniata dal frutto della passione, dal pompelmo, dal mango. Ma mai con punte aromatiche molto taglienti. Poi queste note con l’affinamento sfumano in note minerali e affumicate. Il tutto sempre con un corpo importante. Tuttavia non è possibile dare caratteristiche del Collio, dei Colli Orientali e dell’Isonzo, perché in ognuna zona ci sono esposizioni molto diverse. A differenza ad esempio della Borgogna, dove l’esposizione è uniforme.
DW: Il sauvignon è un vitigno nel quale conta particolarmente il tipo di fermentazione che si fa?
GG: Il sauvignon è considerato, anche dai produttori di alto livello, vino da impostare tecnicamente; ma non concordo con l’accanimento tecnologico. La fermentazione è fondamentale se vuoi fare un vino molto tecnico. Ma è errato costruire tutto sulla fermentazione. Se fai così non riesci ad esprimere le differenze di annata. Se il vino è sempre uguale il produttore è impostato sulla tecnologia. Se c’è variabilità negli anni il produttore non è troppo tecnologico.
DW: Esistono cloni che danno vini molto differenti?
GG: Sì, anche noi abbiamo cloni molti diversi. Sia italiani che francesi: Ma non è detto che il clone francese dia vini di stile francese.
DW: È possibile che in Friuli, storicamente, ci sia stata confusione in vigna tra sauvignon e friuliano, che era sauvignonasse?
GG: Negli ultimi anni no, ma 40 anni fa c’era una forte confusione. Il tocai a grappolo verde era considerato sauvignon. Ma adesso la differenziazione è chiara.

 


 

DW: Gli esperti negli ultimi anni quando parlano di sauvignon restringono il discorso ai tioli. Le altre famiglie di aromi, come i terpeni, le pirazine e i norisoprenoidi sono importanti per la produzione di un grande sauvignon?
GG: Fino a pochi decenni fa si misuravano solo i terpeni e gli esteri. Poi si sono scoperte le pirazine. Era la metà degli anni Ottanta. Poi l’enologo giapponese Tominaga a Bordeaux identificò molecole presenti in frazioni infinitesimali, scoprendo i tioli volatili. Ma è sbagliato dire che il sauvignon ha solo tioli, contano anche terpeni, pirazine e esteri degli acidi grassi. Nei vini più tecnologici i tioli sono esaltati con fermentazioni apposite. La "pipì di gatto" è un tiolo. Ma se un vino è complesso non può avere picchi odorosi elevati perché i profumi si annullano tra sé. I grandi vini hanno grande complessità. Non grande intensità olfattiva.
DW: In una sua visita in Italia al Castello di Albola lo scorso anno, guidando la degustazione Denis Dubourdieu sostenne che per fare un grande Sauvignon è necessario evitare l’inerbimento.
GG: Ma lo sa che Dubourdieu è una persona squisita? Il Sauvignon esprime doti aromatiche importanti solo se è vigoroso espressivamente: la pianta deve essere tonica, deve mantenere una buona vigoria. Deve avere azoto disponibile, più glutatione che è la base dei composti aromatici. Per avere questa vigoria non deve avere la competizione delle graminacee. Bordeaux è poco piovosa, e il sauvignon ha bisogno di acqua, soffre molto lo stress idrico. Quindi ha bisogno di un suolo argilloso. In Friuli la piovositàè invece alta, quindi occorre scegliere un giusto compromesso con l’inerbimento. Che va tenuto a bada nei suoli equilibrati, mentre nei suoli poveri il suolo va invece lavorato.
DW: È possibile produrre un Sauvignon elegante, privo di rusticità con un protocollo rigorosamente bio?
GG: assolutamente sì.
DW: Si è fatto una idea riguardo al recente scandalo che ha investito alcune aziende di zona che producono Sauvignon?
GG: Francamente no. Non conosco la vicenda. Ma, in controtendenza con quello che dicono tanti esperti di marketing, sono convinto che sia il mercato che deve orientarsi al territorio. Non il contrario.

 


E passiamo ora al contenuto dei bicchieri con il secondo Sauvignon. Il Vieris nasce nel 1990 per dare una versione di Sauvignon ancora più complessa rispetto a Piere di cui ho parlato ieri. In vigna la prevalenza è di cloni francesi, il terreno è più calcareo, roccioso, più ricco di dolomite, meno profondo. L’affinamento è effettuato parte in acciaio, parte in barrique. Sempre sauvignon 100%.

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