A Ca’ del Bosco con Maurizio Zanella

di Chiara Giovoni 17/02/17
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A Ca’ del Bosco con Maurizio Zanella

Trascorrere qualche ora con Maurizio Zanella è illuminante, una di quelle esperienze che cambiano le percezioni, perché proiettano avanti di qualche passo in una dimensione dove ci si rende conto che l’avanguardia esiste ed è tutt’altro che volo pindarico.  Maurizio Zanella è un uomo serio, anzi, come si diceva una volta “una persona seria”, con i piedi per terra e le idee molto chiare. Ha dalla sua però che ama il bello e forse anche lui un po’ crede che “la bellezza salverà il mondo”, ed è per questo che si circonda d’arte, in fondo ritenendo che anche fare vino sia una forma espressiva artistica, che come per l’arte più pura è frutto dell’ascolto della natura e della sua interpretazione. Ci vuole talento per fare vino, ancor di più per fare Franciacorta visto il raddoppio di complessità che il metodo impone, ma soprattutto la capacità visionaria di immaginare cosa accadrà quando il tempo avrà fatto il suo corso, per mettere una bottiglia in cantina per 8 anni e farne un Franciacorta Riserva.

Maurizio Zanella ha le idee chiare non solo sulla sua Ca’ del Bosco, ma sulla Franciacorta tutta. Qui l’altitudine media dei vigneti è di 200 metri, con due anfiteatri di colline moreniche dai suoli ricchi di deposito di calcare e sasso, che delimitano due aree di produzione altamente qualitativa, anche se con il cambiamento climatico si sente la necessità di salire, e alzarsi. O almeno è così per Ca’ del Bosco che negli ultimi anni ha acquisito nuove vigne tra i 300 e 400 metri, come la vigna Belvedere a 466 metri. È convinto infatti che il meglio debba ancora venire, perchéè tutta questione di tempo, impegno e di piccole grandi rivoluzioni. Così racconta di come secondo lui la Franciacorta tirerà fuori il meglio proprio dalle uve, quando entreranno in produzione i vigneti piantati tra 5 e 10 anni fa, una condizione necessaria anche per le aziende più recenti per poter produrre grandi vini.


Il lavoro che si fa è un lavoro a lungo periodo, perché una vite può arrivare a 50 anni e già oggi si deve pensare al futuro di una vigna tra molti anni. Per questo ha scelto la viticultura biologica a Ca’ del Bosco, anche se dice che non ne farà una bandiera di marketing perché non può essere cavalcato un trend sperando che abbia valore nel lungo periodo se non ci si crede profondamente e se ci si crede profondamente non è necessario che queste convinzioni che si portano avanti con serietà in un progetto diventino bandiera. Dal punto di vista mediatico, secondo Zanella, un fenomeno quello del bio che per certi versi pare molto simile al fenomeno delle barrique vent’anni fa, se viene strumentalizzato solo al fine di ampliare la base della clientela.

Convinzioni, studio, sperimentazione e decisioni. È nato così il Metodo Cà del Bosco, che ha richiesto molti anni per la sua messa a punto: i grappoli vendemmiati a mano e selezionati alla cernita, vengono lavati in un sistema idromassaggio di tre vasche di ammollo, per poi essere pigiati in assenza di ossigeno (e lo stesso avverrà per la sboccatura). In questo modo la vinificazione restituisce la purezza aromatica del vitigno, senza le impurità date da rame e zolfo. Una rivoluzione copernicana, indubbiamente un esempio della determinazione di Maurizio Zanella nel perseguire la sua idea di Franciacorta, un vino che deve essere il più possibile elegante, puro, privo da ogni artificio enologico che porta a uno stile ossidativo, perché bisogna preservare la fragranza e l’evoluzione del profilo aromatico deve essere solo legato al tempo. Solo così i Franciacorta Ca’ del Bosco acquisiscono il potenziale di longevità e la complessità che li contraddistingue. E a provarlo nuovamente c’è la punta di diamante della produzione, la Cuvée Annamaria Clementi 2007.

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