Povero vino

di Daniele Cernilli 02/02/12
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Povero vino

Il rischio è quello di vedere il vino lentamente scomparire dai consumi consueti degli italiani. Non basta il fatto che rappresenti una delle principali voci del nostro comparto agroalimentare, che abbia raggiunto un fatturato di oltre 14 miliardi di euro e che sia una delle voci positive dell’export nazionale in senso assoluto. Non basta che sia la bevanda più tradizionale, da millenni al centro della nostra alimentazione mediterranea e della cultura materiale del nostro Paese. Il vino italiano oggi subisce una tassazione analoga a quella dei beni di lusso, è oggetto di campagne antialcoliche che fanno poca distinzione fra vino e superalcolici, fra uso corretto e consentito ed abuso. Il risultato? Consumi a picco, mai stati bassi come in questi ultimi anni, e non solo per i noti problemi economici legati alla crisi, ma per una sempre più marcata disaffezione da parte di vasti strati della popolazione. Per ora ci sta salvando l’export, che sta raggiungendo velocemente percentuali altissime sulla produzione totale, che si avvicinano e superano ormai il 40% del totale. Mi chiedo quanto potrà durare. Intanto c’è chi sta in trincea. L’Ais con i suoi corsi certamente, una parte della stampa, gli appassionati veri, i produttori più intelligenti, che capiscono che questo non è il momento di abbandonare la prima linea, rintanandosi nelle proprie cantine con la speranza che qualcuno un giorno o l’altro bussi per comprare qualche centinaio di casse. Chi latita è, purtroppo, lo Stato e la politica in genere. Fa davvero pensare la poca conoscenza che troppi dei nostri governanti hanno dimostrato per questo settore. Chirac, Mitterand, tanto per fare nomi, erano ottimi conoscitori di vini francesi. Noi siamo fermi a Saragat per trovarne uno.





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