La controriforma del vino

di Daniele Cernilli 10/06/11
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La controriforma del vino

Quando facevo il soldato, tanti anni fa, la “bassa truppa” si lamentava perché talvolta la vita militare faceva diventare difficile il facile attraverso l’inutile. Era una lamentela diretta a certi aspetti burocratici un po’ kafkiani, non certo a disciplina ed organizzazione dirette a scopi operativi.
Nel mondo del vino, e di un certo modo d’intenderlo, mi pare che invece stia prendendo piede il tentativo di far diventare buono il cattivo attraverso l’ideologico o la moda ideologica. Perciò ecco questa sorta di “wine snobbery” legata ai “vini veri”, talvolta imbevibili, acescenti, ossidati. Oppure ai “vini di terroir”, aspri, spigolosi, ma tanto “territoriali”. Il tutto sottovalutando la ricerca enologica e viticola, i progressi bollati come tentativi di “standardizzazione” e via dicendo. Poi, magari, gli stessi che parlano così massacrano il tradizionalissimo Brunello di Montalcino dei Biondi Santi in assaggio coperto, preferendogli quelli molto più moderni di Banfi o di Argiano.
E’ accaduto solo qualche anno fa a dei “forumisti” molto estremisti che hanno fatto una figura meschina nel corso di una degustazione coperta organizzata con la collaborazione del Consorzio Tutela del Brunello. E capita anche che il mondo dei consumatori meno ideologizzati, e sono la stragrande maggioranza, poi preferisca bere altro che quei vini troppo supportati da un approccio teorico, ideologico e poco concreto. E’ un po’ la storia della Corazzata Potemkin di fantozziana memoria, grande film per alcuni critici e “cagata pazzesca” per il ragionier Ugo Fantozzi e i suoi colleghi d’ufficio costretti a vederlo dai loro “capi”.
C’è perciò bisogno di una controriforma del vino, basata non sugli anatemi e sui roghi, ma sul buon senso e sul rispetto del gusto del pubblico, oltre che del professionismo di ricercatori e di enologi. C’è bisogno di dire che l’omologazione del gusto è provocata anche dai vini ossidati e dalle acidità volatili, e non solo dall’eccesso di uso di legno nuovo o di vitigni esotici. C’è bisogno di dire che l’importante è una viticoltura sana e rispettosa dell’ambiente, ma che sia alla base di vini organoletticamente validi. E bisogna smascherare chi nasconde la propria pochezza tecnica dietro strane e misteriose filosofie di vita e di vite. Per farci bere tutto.





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