Il palato educato

di Daniele Cernilli 02/05/11
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Il palato educato

I miei amici dell’Associazione Italiana Sommelier (sono io stesso Sommelier ad Honorem) hanno da decenni il merito di operare, attraverso un sistema didattico solido e collaudato, una vera opera di divulgazione del vino e di educazione del palato di migliaia e migliaia di persone ogni anno. Nei circa 40 anni di vita, due milioni e mezzo di persone in Italia hanno partecipato ad almeno un corso organizzato dall’Ais, ed allo stato attuale i soci iscritti ed attivi sono quasi 50.000.

Numeri importanti, come si può facilmente osservare, che vuol dire che parecchi italiani sono in grado di dire qualcosa di sensato sul vino, allo stesso modo di come sanno stoppare un pallone su un campo di calcio o cucinare un piatto di spaghetti. E’ molto importante conoscere i fondamentali quando si affronta un tema. Ma non sempre questo è accettato, in linea di principio, da chi affermi essere il solo gusto personale l’unico discrimine per definire la qualità di un vino. Una posizione apparentemente molto democratica, ma che nasconde un atteggiamento populista e demagogico.

Winston Churchill forse esagerava quando diceva che in democrazia, purtroppo, il voto di un cretino ha lo stesso valore di quello di un genio, peròè certo che l’impegno della scuola nel far diventare meno cretini i cretini, contemporaneamente premiando e incoraggiando la genialità dei geni è cosa senz’altro lodevole. Ma questo avviene attraverso la conoscenza e la disciplina, come si diceva un tempo. Anche in un settore forse minore come quello del vino. Sapere prima di giudicare è perciò una buona regola.

Troppo spesso m’imbatto in persone che tranciano giudizi a vanvera sulla base di un palato poco educato e di conoscenze approssimative. Così mi è capitato di sentir dare del “poco tipico” ad un Brunello di Montalcino Riserva ’90 di Biondi Santi, oppure di bastonare a morte un Dolcetto di Dogliani di Chionetti, preferendo ampiamente un Dolcetto-Lagrein di Heartland, cantina australiana della zona di Adelaide. Non capendo perciò le ragioni profonde di diverse espressioni territoriali ed il valore e la ricchezza che sta sotto alle differenze.

Ma così va il mondo, normalmente, e lo sanno bene i produttori italiani che girano molto. Lo sa assai meno chi scrive di vino, soprattutto in Italia.





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