Farinetti è mejo ‘e Pelè

di Daniele Cernilli 17/06/12
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Farinetti è mejo ‘e Pelè

Lo slogan lo cantavano gli ultras del Napoli all’arrivo di Diego Maradona nell’estate del 1984. La seconda strofa parlava della fatica fatta “pé l’avé”, ma questo riguardava solo loro, ovviamente. Il Maradona del comparto alimentare italiano è di certo Oscar Farinetti, simpatico, vulcanico ed intelligente imprenditore piemontese che con i suoi supermercati Eataly sta mietendo successi in tutto il mondo. L’ultimo nato è a Roma, dove apre proprio in questi giorni nei padiglioni del vecchio Terminal della stazione Ostiense. Ben 17 mila metri quadrati, sette od otto ristoranti, un mare di scaffali con il meglio della produzione agroalimentare italiana, corsi di cucina e di vino. Un’impresa titanica che segue quelle di grande successo di Torino e di New York (quest’ultima è il terzo sito più visitato di Manhattan, quest’anno, dopo il Metropolitan Museum e il Moma ed ha incassato 87 milioni di dollari in dodici mesi), e dopo le versioni più piccole di Milano, Bologna e Tokyo.

Farinetti è l’ex proprietario di UniEuro, che ha venduto alcuni anni fa dopo averci fatto spiegare dal compianto Tonino Guerra che l’ottimismo era il sale della vita. E quella lezione Farinetti l’ha capita bene. Con ottimismo, e capacità imprenditoriali non comuni in Italia, ha convertito la sua attività nella produzione e distribuzione di prodotti alimentare di qualità, cosa che non può che essere salutata con applausi e soddisfazione, tanto da fargli meritare un’intervista da parte di Lilli Gruber su La 7. Ma come ha fatto Farinetti a diventare imprenditore di successo, grande vate protettore di Slow Food e icona della sinistra italiana? Con intelligenza, e coniugando i propri legittimi interessi di imprenditore con aspetti che potessero trascenderli, anche solo apparentemente. Santo sì, ma un santo che fa tornare i conti, insomma, che non ha paura del profitto e che crea posti di lavoro sulla base di quello, e non di visioni ideologiche o populiste. Perciò mi unisco volentieri ai complimenti che gli arrivano da più parti, con laica simpatia, considerando Eataly e le sue attività collaterali (ha acquistato aziende vinicole e alimentari negli ultimi anni) soprattutto come delle imprese economiche e non delle opere di beneficenza, come è giusto e sano che siano, ma anche a scanso di equivoci.





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