Al professore non piacciono i numeri

di Daniele Cernilli 11/06/12
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Al professore non piacciono i numeri

Un paio di settimane fa, nel corso del programma “il Gastronauta” che Davide Paolini tiene su Radio 24, emittente del gruppo Il Sole 24 Ore, mi è capitato di scontrarmi con il professor Attilio Scienza sull’annosa questione dei punteggi in centesimi assegnati ai vini. Viste le moli di entrambi il fatto che di mezzo c’era l’etere è stata cosa molto positiva. Ma al di là delle battute, la polemica a me è sembrata lunare proprio perché priva di basi.

Cominciamo col dire che nessuna persona dotata di buon senso ritiene che il punteggio dato a qualunque oggetto da valutare sia qualcosa di più che una sintesi pratica per facilitare la comprensione. Lo sono i voti che si danno a scuola, anche quelli che Scienza dà ai suoi studenti all’Università. Lo sono le pagelle dei calciatori sui quotidiani sportivi ed anche quelle dei film, dei ristoranti, delle automobili che appaiono su tutta la stampa e la rete in tutto il mondo. Lo sono, ovviamente, anche i punteggi dati ai vini, e non solo quelli in centesimi, di stile americano, in ventesimi, di origine francese, ma anche in bicchieri, in grappoli, in chioccioline e quant’altro. Ed è un po’ puerile da parte degli amici di Slow Food tentare di tirarsi fuori dalla questione affermando che dare una chiocciolina ad un’osteria o ad un vino non sarebbe un sistema di valutazione numerico. Anche uno è un numero, e se esistono vini e osterie che prendono anche una chiocciolina soltanto quelli sono da preferire agli altri, secondo chi la assegna, anche solo perché corrispondono ai criteri di “buono, pulito e giusto” che sono alla base della valutazione. Alla base, non al di fuori.

Ma allora, perché a Scienza non piacciono i punteggi? Io ho capito solo che non li ritiene adeguati ad una non meglio identificata “tradizione” italiana o francese. Sarebbero un modo di approcciarsi alla materia molto anglosassone che non ci apparterrebbe. E la classificazione dei Grand Cru di Bordeaux del 1855, allora? Non era una sorta di gerarchizzazione per merito dei vini dell’Haut-Medoc richiesta da Napoleone III che non mi pare fosse anglosassone? La critica ai punteggi, se si vuole proprio fare, bisogna basarla su altri argomenti. Sul fatto che una misura dovrebbe essere sempre quantitativa per avere valore di scienza. Ma se, invece, proviamo a misurare la qualità, questo rischia di aprire contraddizioni insanabili se pretendiamo che quel giudizio abbia valore oggettivo. Ma questo però vale per ogni punteggio, non solo per quelli che si danno ai vini. Quindi, il professor Scienza dovrebbe, se conseguente, rifiutarsi di mettere i voti ai suoi allievi o di assegnare punteggi alle tesi di laurea. Molto più semplice dire che i punteggi sono una sintesi empirica, che favorisce la comunicazione e che mette tutti nella posizione di poter farsi un’idea velocemente. Senza nessuna pretesa di scientificità o di oggettività. Come strumenti utili, ma per nulla definitivi.

Detto questo resta la mia stima immutabile per Attilio Scienza, vecchio amico con il quale mi piace anche litigare, ma anche straordinario studioso della vite e del vino, uno storico di razza, un Jacques Le Goff prestato al nostro mondo.





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