Rosso del Conte, la Sicilia sopra ogni moda (1)

di Francesco Annibali 27/09/16
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Rosso del Conte, la Sicilia sopra ogni moda (1)

Ancora a corto di una identità enologica forte, ma ben radicata nel cuore degli appassionati grazie ad un solido immaginario fatto di vini del sole, generosità e concentrazione, la Sicilia del vino deve la propria meritata attuale fortuna ad alcune grandi aziende che l’hanno portata nelle tavole di tutto il mondo.

Una regione, come dicevamo, priva di un ‘centro di gravità permanente’– anche se l’Etna sembra possedere tutte le carte in regola per diventarlo a breve – e al contempo carente di sfaccettature, ma che racchiude al proprio interno storie e microclimi molto diversi.

Anche se gli appassionati solitamente si concentrano sull’est dell’isola, oggi ci spostiamo nella tenuta Regaleali, a Sclafani Bagni, nel centro della regione. Luogo magnifico, che idealmente racchiude tutta la Sicilia. E il suo contrario.

Sole, certo, ma anche inverni nevosi, escursioni termiche importanti, e una buona piovosità.

Cuore produttivo della azienda Tasca d’Almerita, la tenuta Regaleali si estende su una superficie complessiva imponente, di 549 ettari, 367 dei quali vitati, con intorno olivi, pascoli, laghi e boschi. Il tutto ad una altitudine che non ti aspetteresti, dai 400 ai 900 metri sul mare. E con qualcosa come 76 vigneti in produzione allevati a spalliera e alberello, che si nutrono di terreni incredibilmente differenti. Come testimoniato da uno studio geo-pedologico del 1999, che ne individuò 12 tipologie, con caratteristiche e fertilità differenti. Dai fondovalle a morfologia piana, originati da sedimenti di origine fluviale molto adatti alle uve bianche di struttura, sia autoctone (ad esempio il catarratto) che internazionali (chardonnay e sauvignon); ai terreni collinari convessi e con deboli ondulazioni che si collocano tra i 450 e i 600 metri sul mare: tipicamente argillosi, e che presentano un’elevata salinità. Terreni adatti questi ultimi alle uve rosse e alle autoctone come il nero d’Avola, il perricone e il nerello mascalese. Fino ad arrivare ai terreni tipici dei versanti rettilinei, da moderatamente ripidi a molto ripidi, tra i 600 e i 750 metri di altitudine,  spesso con strati di roccia affiorante, calcarei, tendenzialmente alcalini: adatti ai vini bianchi freschi e fruttati, alle uve bianche autoctone (grecanico e insolia) e, in quota più elevata, alle uve bianche aromatiche, come moscato e traminer.

 


I vini bianchi hanno grande corpo ed espressioni aromatiche ampie, accompagnate da una freschezza inaspettata per la Sicilia, mentre i rossi presentano note austere con una buona acidità che conferisce grandi capacità di invecchiamento.

Citata come un’azienda modello per le sperimentazioni che conduce, per la capacità di introdurre tecniche innovative di coltivazione e vinificazione, per aver saputo introdurre nel proprio territorio varietà internazionali  e valorizzare i vitigni autoctoni, Tasca d’Almerita è figlia di un lavoro enorme, che si traduce in un numero molto elevato di etichette, che hanno il pregio di essere sempre buone, anno dopo anno, senza eccezione: a pensarci bene un po’ la firma delle aziende del più alto livello.

All’interno della proposta aziendale il Rosso del Conte è sempre stato considerato vino di punta. Proveniente dal vigneto San Lucio, ovvero dal più vecchio vigneto della Tenuta Regaleali, sul versante sud-est, con altitudine dai 400 ai 500 metri. Un vigneto di 7 ettari, di cui 5,5 impiantati nel 1959, con piante miste di perricone e nero d’Avola. Oltre ad essere la vigna più vecchia è anche l’unica dove convivono piante di due varietà differenti.

Alla fine degli anni Ottanta la produttività di questo vigneto iniziò a declinare, a naturale conclusione del proprio ciclo vitale: da allora altre vecchie vigne di perricone e nero d’Avola si aggiunsero nella composizione del Rosso del Conte, e in particolare le vigne Sant’Anna (impianto del 1978) e Ciminnita (1979), alle quali si affiancano di anno in anno le migliori selezioni di altre uve della tenuta. Una vigna d’oro, mantenuta viva nei decenni sostituendo di volta in volta le piante disseccate con piante giovani, appositamente costituite prelevando gli innesti dalle vecchie viti.

Il tutto in un processo lungo e delicato, visto che l’attecchimento e lo sviluppo di nuove piante tra viti vecchie è molto difficile.

A domani, per la seconda parte dell’articolo e per la verticale di Rosso del Conte.





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