Frescobaldi per la Gorgona

di Stefania Vinciguerra 01/09/16
1892 |
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Frescobaldi per la Gorgona

Non è facile approdare all'isola della Gorgona, l'accesso è regolamentato data la presenza del carcere. Per arrivarci c'è bisogno di un permesso oppure devi essere un residente "storico", ovvero dimostrare di avere legami famigliari con l'isola. In effetti un minuscolo paese esiste ancora, ma è praticamente abbandonato. Vi ritorna qualcuno durante l'estate, per godersi quel paradiso incontaminato, anche se tecnicamente c'è il divieto di balneazione.

Insomma, non è facile arrivarci. Ma se si ha la fortuna di poterci andare, è un'esperienza indimenticabile. Ci sono andata grazie all'iniziativa "Frescobaldi per il sociale", che è il progetto con il quale l'azienda vinicola toscana sostiene le attività della colonia penale, avendo stretto un accordo con la direzione della casa penitenziaria per la gestione dei vigneti.


Facciamo un piccolo passo indietro: il carcere della Gorgona è leggermente diverso dagli altri, è un carcere "agricolo", dove cioè i detenuti - generalmente nella fase finale del periodo detentivo - sono impegnati in attività di agricoltura o di pastorizia. Vi si accede su base volontaria (cioè sono i detenuti stessi che fanno la domanda per essere ammessi alla Gorgona), ma bisogna avere determinate caratteristiche legate soprattutto ad abilità e competenze artigianali. Si tratta di una comunità molto ristretta. Meno di un centinaio di detenuti, che lavorando sull'isola, acquisiscono competenze che serviranno loro per reinserirsi nella comunità nel momento in cui il loro debito con la giustizia sarà stato pagato.

È in questo contesto che si inserisce la convenzione, fortemente voluta dalla direttrice delle case circondariali di Livorno e Gorgona, la dottoressa Santina Savoca. Le vigne sull'isola esistano da decenni, impiantate con le varietà bianche vermentino e ansonica. Per permettere la produzione e la commercializzazione del vino è stata fatta una gara per coinvolgere un produttore che avesse mezzi e soprattutto volontà di entrare nel progetto sociale, un produttore che fosse disponibile a lavorare con i detenuti. Ecco quindi nascere questa collaborazione con Frescobaldi, con la prima vendemmia nel 2012. Le vigne sono prese in affitto dall'azienda e sono lavorate dai detenuti, regolarmente assunti a rotazione, sotto la supervisione degli agronomi e degli enologi aziendali. In primis l'enologo capo Nicolò D’Afflitto, quindi Federico Falossi, responsabile del progetto con l’enologo Nicola Lazzeri. La superficie vitata in produzione è di poco più di un ettaro, le bottiglie prodotte solo 4mila ma hanno già fatto il giro del mondo, da New York ad Hong Kong, dalla Germania alla Polonia oltre, naturalmente, ad un selezionato numero di locali italiani.


Se si scorre la lunga etichetta che circonda la bottiglia descrivendo la storia di questa collaborazione e si stappa la ceralacca che ne sigilla la chiusura sembra di sentire il rumore del mare, di vedere la luce che colora le vigne, di annusare il profumo della macchia mediterranea che copre l'isola e delle onde saline che ne impregnano l'aria. Qualcuno potrebbe pensare: è solo un bianco toscano ben fatto, ma in qual calice c'è molto di più. C'è la passione di uomini che tramite quel vino cercano un riscatto verso la società, la determinazione di un'amministrazione carceraria che vuole offrire loro una seconda opportunità, la lungimiranza di un imprenditore che sa capire il valore di una simile cooperazione, sia dal punto di vista umano e sociale quanto (perché no?) da quello economico.

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