Veuve Clicquot, due secoli di arte dell’assemblaggio rosé

di Chiara Giovoni 30/03/18
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veuve clicquot vintage rose 2008 champagne

Fu Madame Clicquot a inventare lo champagne Rosé d'assemblage, 200 anni fa. La Maison l'ha festeggiata con un'inedita degustazione per spiegare come nasce un rosé nella Champagne

In un mondo come quello del vino, in cui ci si appiglia con forza alla parola salvifica “tradizione”, dove quasi tutto sembra già stato fatto e dove innovare spesso significa tornare indietro – come per il ritorno alla terracotta di alcuni nelle vinificazioni – ci fu un’epoca in cui tutto era ancora possibile. Eppure solo alcune menti audaci e straordinarie hanno saputo davvero cambiare il mondo.

Era il 1818 quando Madame Ponsardin Vedova Clicquot, una donna in un mondo di uomini, rivoluzionò la produzione delle bollicine per definizione, creando il primo champagne rosé d’assemblaggio e conquistando definitivamente l’appellativo di Grande Dame de la Champagne. A quel tempo per arricchire con una tonalità rosata lo champagne si usava il succo di bacche di sambuco, ma Madame Clicquot era convita che il grande vino della Champagne non poteva essere corrotto da un additivo diverso dall’uva, così iniziò a fare delle piccole prove. Conosceva infatti molto bene le sue vigne e le uve da esse prodotte, e aveva una particolare predilezione per le parcelle di Bouzy, dove nelle passeggiate con suo marito François Clicquot aveva appreso l’amore per lo champagne.

Da quei vigneti della Montagne de Reims aveva da tempo iniziato a elaborare del vino rosso di grande qualità e così decise di assemblare questo vino con i suoi vini bianchi fermi, creando un’inedita alchimia, il primo rosé d’assemblaggio, più intenso e riconoscibile. In occasione delle celebrazioni per i 200 anni dall’invenzione del Rosé d’assemblage, la Maison Clicquot ha organizzato una degustazione tecnica guidata dallo Chef des Caves Dominique Demarville, affiancato dal suo team di enologi, con il contributo dell’italiano adottato da Parigi Enrico Bernardo, Miglior Sommelier del mondo 2004. Per la prima volta la Maison ha rivelato come nasce lo champagne rosé Veuve Clicquot in tutte le sue forma, a cominciare dal Non Vintage cui contribuiscono vini rossi selezionati per il loro apporto di frutto e la loro freschezza.

In una degustazione alla cieca abbiamo potuto apprezzare le significative differenze di un assemblage rosé con la presenza del 12-13 o 14% di vino rosso, ed è stato sorprendente capire come un apparentemente insignificante 1% di differenza modificasse le proporzioni e gli equilibri della base champagne finale. I vini rossi sono vinificati in inox in vasche termoregolate con all’interno tre pistoni con un disco per la follatura delicata, favorendo così l’immersione del cappello per la macerazione ma in modo molto soffice.

Solo così si possono ottenere dei vini rossi eleganti come quello delle vigne di Bouzy, che ha maggior carattere e un tannino più fitto e speziato. Sarà questo vino rosso a contribuire in proporzione variabile secondo le annate all’assemblaggio del Vintage Rosé della Maison, mentre per l’alchimia elegante e intensa della Cuvée de Prestige La Grande Dame Rosé, lo chef de cave seleziona unicamente il pinot nero del Clos Colin, una parcella di poco più di un ettaro e mezzo, che ha una sorprendente palette floreale, e una trama setosa che concilia potenza ed eleganza. Nulla è lasciato al caso in questa parcella, che viene raccolta solitamente 8 giorni dopo le uve pinot noir dedicate alla vinificazione in rosso per lo champagne Non Vintage.

Si comprende così come il savoir-faire che porta alla creazione di grandi champagne alla Maison si ispiri ancora dello spirito di Madame Clicquot, la donna che era riuscita a portare i suoi champagne alla corte dello Zar Alessandro I grazie alla determinata convinzione di volere realizzare champagne di “una sola qualità, la migliore”.

La più grande sorpresa della giornata è stata una bottiglia dal passato, l’introvabile Vintage Rosé 1947, che conferma - a distanza di 71 anni - la sua straordinaria fattura. Un’annata con una raccolta ridotta a 4000 Kg/ha, con un potenziale alcolico di 11,3% vol e un’acidità totale di 6,8: in questo Vintage l’assemblaggio era 58% pinot noir, 33% chardonnay e 8% meunier, con un 14,5% di vino rosso Bouzy Rouge. Uno champagne struggente e intenso, in cui le note iodate dominano la presenza della scorza di arance candite e le spezie in cui emerge il cardamomo e il tabacco bondo, che al palato si amplifica come un eco sostenuto da un’acidità ancora presente e pura, in un allungo dalla persistenza avvincente. Un’ulteriore enorme dimostrazione della grandezza dei Vintage prodotti da una Maison troppo spesso sottovalutata da chi non ha pazienza di approfondire e aspettare.

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