Angelo Gaja e il cambiamento climatico

di Vignadelmar 05/05/17
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Angelo Gaja e il cambiamento climatico

Dettagliato resoconto della conferenza di Angelo Gaja che partendo da riscaldamento climatico parla di vigne, di compost, di selezione massale e di conduzione aziendale.

Ho ascoltato Angelo Gaja il 6 marzo, in occasione di una bellissima iniziativa organizzata dalla Fondazione Italiana Sommelier di Puglia, nella "splendida cornice" dell’Hotel Borgo Egnazia di Fasano (Brindisi). L’oggetto della conferenza era il riscaldamento climatico visto da Gaja.

Il Gaja ascoltato è un Gaja che formalmente non ha le idee chiare sul fatto che il riscaldamento climatico, così come viene prospettato, sia realmente o meno in atto.

Ci racconta che negli Usa parlare di riscaldamento climatico è divisivo, perché Democratici e Repubblicani ne hanno issato le opposte bandiere. In Italia invece il dibattito è più tecnico, filosofico, così come l’approccio ai temi dei cosiddetti vini naturali o bioqualcosa.

Secondo lui le prime avvisaglie del problema si sono avute con l’annata 1997 e le sue 5 settimane consecutive di temperature molto sopra la media. Però all’inizio pensava si fosse trattato di un’annata anomala, ma a stretto giro si è avuta la 2000 e la terribile 2003 che tutti ricordiamo. E non è stato che l’inizio. Però a sentire i tecnici, gli scienziati, non ci sono evidenze univoche che siamo fuori a un normale campo di oscillazione fra annate; lui non prende posizione, però si capisce che è preoccupato, tanto da aver voluto imprimere, dietro impulso dei figli, una decisa svolta colturale ai propri vigneti.

Producono un numero elevatissimo di quintali di compost da escrementi vaccini, lavorato da vermi rossi statunitensi. Vermi rossi che ha fatto fatica ad imporre ai propri dipendenti toscani perché “comunisti e notoriamente antiamericani”! In azienda collaborano otto consulenti esterni in geologia, agronomia, lotta ai parassiti, alle virosi, etc etc. Portatori di visioni nuove, spesso contrapposte fra di loro, che lui deve coordinare e amalgamare per poi interpretarne collettivamente i risultati. E allora si va dalla lotta alla tignola con la confusione sessuale, al piantare fra i filari, in maniera alternata, differenti colture: dai fiori, alle leguminose, ai cereali, il tutto per evitare l’erosione del suolo, favorirne la sofficità, porosità, contrastando le alte temperature sul terreno e per fornire sostanze organiche al vigneto anche in profondità. Hanno piantato centinaia di cipressi che si sono trasformati in ricoveri per uccelli, hanno iniziato ad ospitare decine di arnie di un apicoltore esterno che così produce un miele buonissimo e si sono messi a contare anche i vermi presenti nel terreno per vedere se anno dopo anno tutte queste pratiche ne incrementino o meno il numero.

Chi conosce le sue aziende toscane, Ca’Marcanda a Bolgheri e Pieve di Santa Restituta a Montalcino, ha ben presente il loro bassissimo impatto ambientale, così come sono ricavate nel terreno, coperte di erba e circondate da alberi e ulivi in quantità. Da questo la sua contrarietà alle cantine disegnate come cattedrali da archistar in cerca di ulteriore visibilità.

In Piemonte, dai vecchi vigneti di nebbiolo stanno facendo una rigorosa selezione massale, perché dai vigneti da selezione genetica si ottengono certamente delle splendide viti ma molto delicate. Anche in questo caso non prende posizione, non decide da che parte stare, si adottano entrambe le soluzioni e poi se ne verificheranno i risultati.

Ai tanti produttori vinicoli presenti ha ricordato l’assoluta necessità di parlare benissimo l’inglese, che si può studiare anche da adulti. A chi potenzialmente abbia la possibilità di ottenere ottimi vini anche da vitigni internazionali (parlando ai pugliesi che sono giustamente affezionati al negroamaro e al primitivo) ha raccomandato di produrne, perché sono un potente messaggio commerciale, facilmente comprensibile in tutto il mondo, che farebbe da traino anche ai vini aziendali prodotti con vitigni autoctoni.

A 77 anni non si sente di dare ricette chiavi in mano, lo ha ripetuto mille volte. Ha solamente raccontato cosa fanno da loro in azienda. Perché con la circolazione delle idee, con la curiosità, ci si contamina positivamente a vicenda. Credo abbia voluto dire a tutti di darsi da fare personalmente, di non fermarsi a gestire l’esistente, di non aspettare ricette favolistiche, di investire denaro per fare, per rendere i nostri terreni, i nostri vigneti più puliti, più sani, più vivi. Senza approdare verso soluzioni estreme o scelte di campo ideologiche, solo valutando i risultati del già fatto da altri o da se stessi.

Per lui è quasi un nuovo inizio, oppure un ritorno al punto di partenza: prima di mettere le mani in azienda suo padre lo tenne sette anni fra i vigneti che poi ha dovuto necessariamente frequentare meno per gestire a tutto tondo l’azienda. Da decenni ha il fenomenale aiuto della moglie Lucia, mentre la figlia Gaia si occupa del mercato estero, la figlia Rossana del mercato italiano e il figlio Giovanni è all’estero a fare esperienze e presto dovrebbe rientrare. Adesso dunque, con immensa gioia, ha il tempo per tornare fra gli amatissimi vigneti, per coordinare le attività dei consulenti e valutarne i primi risultati sul campo.

Afferma di fare progetti per i prossimi vent’anni, noi speriamo gliene siano concessi molti di più.





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