Ci ha lasciato Domenico Clerico, il Barolo Boy
Ieri sera è mancato Domenico Clerico. Aveva appena 63 anni ed era malato da tempo, ma sembrava che ultimamente le cose si fossero stabilizzate e aveva ricominciato a viaggiare e a portare in giro per il mondo il suo entusiasmo e il suo viso sempre sorridente. Domenico è stato uno dei protagonisti di un periodo di straordinaria vivacità per il mondo barolista, quello del gruppo Langa In, nato alla fine degli anni Ottanta, e che lo ha visto tra i fondatori, al pari di Giorgio Rivetti, Luciano Sandrone, Elio Grasso ed Enrico Scavino. I suoi vini hanno segnato un’epoca, dal Barolo Mentin Ginestra al Pajana, dal Percristina del vigneto Mosconi, che aveva dedicato alla memoria di sua figlia, fino all’Aeroplan Servaj, l’ultimo nato. Una perdita immensa, umana, innanzi tutto, perché lui era veramente l’anima di un movimento che ha cercato di innovare i vini di Langa e di rendere finalmente autonomi tanti piccoli vignaioli, vittime in precedenza di molti mediatori di uve e di vini che volevano acquistare per pochi soldi, rendendoli schiavi di un sistema iniquo. Un fatto sociale oltre che vitivinicolo. E in quegli anni i Barolo Boys di Langa In rilanciarono quei vini, facendoli di nuovo diventare protagonisti della scena enologica internazionale, con la complicità di personaggi come Carlin Petrini e Robert Parker. E questo va detto al di là di tutte le polemiche che in seguito si innescarono sui ruoli dei “modernisti” e dei “tradizionalisti”, che oggi, a distanza di tempo, sembrano davvero stucchevoli e sciocchi. Domenico è stato un uomo buono e un grande viticoltore. Lo ricorderò in mille episodi vissuti insieme per tutta la vita.