“Bell” comincia a suonare a Roma

di Katiuscia Rotoloni 02/03/16
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“Bell” comincia a suonare a Roma

La campana suona per la nascita di un nuovo locale per gli amanti della buona tavola e del buon bere in via Chiana, in uno dei più bei quartieri di Roma. Bell in onore all’antica campana del 1700 messa in mostra di fronte il bancone del cocktail bar. Risalente al 1700, è stata ereditata dalla vecchia gestione, così come il forno a legna per le pizze. Tutto il resto è stato ristrutturato con la guida dello studio di architettura di Luca Braguglia, che è riuscito a creare un locale caldo e polifunzionale dotato un piccolo ambiente fumatori, con tutto il necessaire e una saletta riservata al piano di sotto. Lì si trova anche un palco per la musica dal vivo. Tanti ambienti che si uniscono nell’ abbraccio mediterraneo del pavimento tipico dei vecchi caffè di Istanbul.
Giuseppe Palombini, responsabile del ristorante con Emanuela Teotino, provenienti entrambi dalla guida de “La Limonaia” di Villa Torlonia, mi spiega che Bell vuole essere il luogo dove le persone s’incontrano, colori e suoni eterogenei, come in un porto, un crocevia di scambi e di unione di culture.  
Il bancone ci accoglie all’ingresso per un aperitivo con una scelta di distillati e liquori di pregio in mostra sugli scaffali, ingredienti che nelle sapienti mani delle bartender danno vita a deliziosi cocktail, accompagnati alle “campanelle”, tapas a base di carne, quinto quarto, pesce o vegetariane a secondo dei gusti, da scegliere nel menù anche in un percorso da tre o da cinque pezzi, eventualmente affidandosi agli abbinamenti con il drink più adeguato, consigliato dal team. Tra tutte, da assaggiare assolutamente (ma parlo solo ispirata dal mio gusto personale), la pancia di maiale con salsa bbq, la particolare polenta fritta alla trippa e il millefoglie di guttiau (un pane carasau condito con olio evo e sale) e uovo di quaglia.
La serata può continuare a tavola con le pizze  del giovane pizzaiolo Donato Belloro, di origine partenopea, o con i piatti dello chef Gabriele Cordaro, formatosi nelle cucine di importanti ristoranti stellati dove ha incontrato anche il sous chef Gabriele Pardini.


Le pizze di Donato sono create a partire da uno ottimo impasto con lievito madre, olio evo e sale, lievitato per 48 ore,  condite con ingredienti di altissima qualità e cotte con perizia nel forno a legna citato poc’anzi. Si può scegliere tra sette pizze gourmet, parola abusata, ma che qui vuole indicare pizze ricercate e assolutamente non banali. Tutte valgono un assaggio ma, secondo me non si può perdere la margherita 2.0 con mozzarella di bufala, pomodorini confit ed emulsione di basilico o l’originale seppia e chorizo, abbinamento che pensavo azzardato, ma che si è rivelato entusiasmante.
Gabriele, con la sua brigata, ci offre dalla cucina piatti altrettanto interessanti.  Contrariamente a ciò che molte multinazionali tentano di imporre oggi in nome di “un solo mondo, un solo sapore”, qui contaminazioni lontane arricchiscono e rinnovano ricette a noi familiari in una danza che coinvolge tutti i sensi. La scelta essenziale del menù, composto da  quattro alternative per ciascuna portata, viene rinnovata periodicamente. Morbido al punto giusto l’uovo a 65°C, crema di stracchino, funghi champignon e crumble di pane di segale. Non citata fra gli ingredienti la leggera spugna, un richiamo alla cucina molecolare che spesso si ritrova anche in altre portate.

Ci riconduce a gusti familiari la carbonara con guanciale di Bassiano. Gustosissimi la vellutata di porri e patate, il tentacolo di polpo fritto e addirittura spettacolare la pluma di maiale iberico con purè alla barbabietola, cavolo nero croccante e alcune fresche gocce di salsa al melograno. Ho trovato purtroppo un po’ duri gli gnocchi di patate neri, ma il ragù di seppia con cui sono conditi è veramente buono!

Le pietanze sono state abbinate a Franciacorta Ricci Curbastro, Ribolla Gialla Le vigne di Zamò e Montepulciano d’Abruzzo Malandrino Cataldi Madonna, scelti da una carta dei vini essenziale e ben strutturata con produttori di riconosciuta qualità.Anche i dolci meritano qualche parola e cito i due che ho avuto il piacere di assaggiare.  Il bianchissimo Napoli in White, una panna cotta al basilico, sorbetto al pomodoro e stracciatella di bufala (sì, tutto è proprio bianco, dato che le acque di basilico e di pomodoro profumano ma non colorano) e il Dulcis in Fungo,  una variazione di tre cioccolati in consistenze diverse servita con un profumo e una veste che richiama il sottobosco. Perfetto l’abbinamento con il Fior d’Arancio Spumante Maeli. 

Tutto questo è Bell, linguaggi diversi con un filo comune: il carattere mediterraneo!





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