Vie di Romans, i Sauvignon col silenziatore (1)

di Francesco Annibali 09/12/15
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Vie di Romans, i Sauvignon col silenziatore (1)

Tutte le (purtroppo rare) volte che arrivo in Friuli, il silenzio dei luoghi e lo squisito pudore delle persone mi colpiscono sempre, immediatamente.
E anche stavolta il copione si è ripetuto. Il bar della piazzetta di Mariano del Friuli, a due passi da Cormòns, nel cuore dell’Isonzo vinicolo, privo di vetrine e sigillato dalla porta di legno, ‘chiude’ gli avventori nel silenzio e nella riservatezza. Lo sguardo rispettoso che regalano all’avventore straniero trasmette un profondo senso di riservatezza.
Il mare dista soli 20 kilometri e mi ricorda che mi trovo a ridosso del punto più settentrionale dell’Adriatico (e di tutto il Mediterraneo). Ma si tratta di un dato vero quanto fuorviante, visto che l’Isonzo vinicolo è situato tanto, tanto a nord: siamo a 46 gradi di latitudine. La stessa del sud della Borgogna, per intenderci, e molto più in alto di Bordeaux, ferma a 44.
E Bordeaux potrebbe venire in mente anche perché questa è una zona pianeggiante e dai terreni fortemente drenanti, anche se a Farra d’Isonzo e Mariano del Friuli, spalancate alle Prealpi Slovene, a prevalere sono le uve bianche, a differenza di Bordeaux, dove il merlot la fa da padrone.
Mariano è anche la patria di una delle glorie dello sport italiano, Dino Zoff, figlio di agricoltori, che racchiude un po’ i caratteri delle persone della zona, austere e silenziose, con la quale ha mantenuto un ottimo rapporto. 

 


 

E forse anche dei vini. Anche se si tratta di sauvignon, vitigno grandioso ma piegato spesso, un po’ ovunque, all'esaltazione del tratto più banalmente aromatico.

Non è il caso di Vie di Romans . Il nome significa ‘via dei Romani’, i quali passavano di qui per raggiungere le montagne dal mare. Una strada che conobbe la massima rilevanza in epoca medievale, quando da Aquilea le legioni partivano verso l’est Europa.

L’azienda nacque col nome di famiglia ‘Gallo’, ma poi la celebre Gallo americana a metà anni Ottanta fece bloccare le importazioni nel mercato Usa e i Gallo friulani furono costretti a cambiare il nome, anche se il vecchio marchio storico è ancora conosciuto.
Gianfranco Gallo, che gestisce l’azienda dal 1978, è uno dei più profondi conoscitori di questo vitigno unico, capace di dare a Bordeaux e nella Loira vini di complessità e longevità degne dei migliori chardonnay e riesling.
Doctorwine: Che tipo è il sauvignon?
Gianfranco Gallo: È un vitigno non facile, molto legato all’ambiente: ma il bello è proprio la variabilità espressiva. In Francia non era considerato vitigno di livello, e lo si comprende anche dal nome che aveva a inizio Novecento: sauvage, selvaggio. Sono stati i miglioramenti enologici che ne hanno permesso la crescita qualitativa. Ad ogni mondo non puoi piantarlo ovunque, come puoi fare con lo chardonnay: il sauvignon deve maturare bene per esprimere tutto il potenziale aromatico impressionante. Se lo giochi solo sulle pirazine, ovvero solo sulle note erbacee, ottieni un vino modesto. L’erbaceo nei bianchi è un difetto. Proprio come nei rossi. Ma è un messaggio difficile da sdoganare: negli Stati Uniti la concorrenza di Nuova Zelanda e Cile è durissima, e le aspettative sul Sauvignon italiano non sono alte. Il Sauvignon neozelandese è perfetto per incontrare i palati non allenati.
DW: Bordeaux e Loira da una parte, Nuova Zelanda dall’altra. Agli antipodi: da una parte il territorio, dall’altra la tecnologia.
GG: Sono convinto che la riconoscibilità varietale nel sauvignon sia un difetto, come ha dimostrato la Loira, dove le note erbacee non vengono esaltate nei vini di livello. In Nuova Zelanda al contrario se la giocano tutta lì, su vini esageratamente aromatici e non autentici. Ma il discorso è molto più ampio: è proprio la mentalità del Nuovo Mondo ad essere interventista.

 


Il discorso si fa interessante, e lo proseguiamo domani.
Intanto la degustazione del primo dei due Sauvignon prodotti: il Piere. Proviene dalla vigna orientale, ha un suolo profondo, più argilloso, dunque un terreno più freddo. Prevalenza di biotipi di sauvignon friulano molto spargolo, dall’acino tondeggiante. Restante biotipi di sauvignon francese, con grappoli più compatti, acini più piccoli e numerosi.
Vinificazione conservativa in riduzione a grappolo intero: l’ossigeno è apportato esclusivamente tramite bâtonnage. Affinamento in acciaio sui lieviti per circa 8-9 mesi. Naturalmente è sauvignon 100%.
Appuntamento a domani.

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