I vigneti di Mr. Rupert (1)

di Daniele Cernilli 03/09/14
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I vigneti di Mr. Rupert (1)

Il Sud Africa è un paese dai grandi contrasti. Oggi si respira un’aria migliore, l’opera di pacificazione nazionale operata da Nelson Mandela è stata fondamentale, e molte cose sono cambiate in meglio negli ultimi vent’anni. Certo è che uscendo dall’Aeroporto di Cape Town, dedicato proprio a lui, non si possono ignorare i chilometri di “township” che si vedono chiaramente dalla strada. Poi, al bivio per Stellenbosch, tutto cambia. Si entra in un’area agricola, i vigneti, i frutteti e persino gli uliveti iniziano a caratterizzare il paesaggio, dandogli delle connotazioni quasi mediterranee. Se non fosse per le montagne, alte e incombenti, dai profili frastagliati e dal colore rossastro, potrebbe essere un panorama della Maremma toscana o della Provenza. Invece siamo agli antipodi, intorno a 34° di latitudine Sud, che corrispondono, nel nostro emisfero, alle zone di Los Angeles e di Lampedusa. Clima oceanico, però, con inverni freschi, piovosi e ventosi, ed estati decisamente calde, subtropicali. Solo che qui siamo nell’Emisfero Australe, quindi se si va in pieno agosto, come è accaduto al sottoscritto, ci si trova proprio nel bel mezzo della stagione invernale.

Le zone vitivinicole più importanti sono ad est e a nord-est di Cape Town, nello Stato di Western Cape, e sono essenzialmente tre: Stellenbosch, Paarl e Franshhoeck. Ognuna sormontata da una grande montagna, rispettivamente il Trout Hatcherries, il Du Toits ed il Groot Drakenstein. Stellenbosch è la più vicina a Cape Town ed è anche la zona che produce di più. Paarl è ad una ventina di chilometri a nord, Franshhoeck (letteralmente “l’angolo” o “il gancio francese”) venti ad est. Una viticoltura antica, fondata dagli Ugonotti francesi verso la metà del Seicento, basata su vitigni essenzialmente transalpini, con sistemi di coltivazione che ricalcano quelli dei luoghi di origine. Così avremo l’alberello per grenache, chenin blanc, mourvedre e, leggermente modificato, per il syrah. Spalliere con potature a Guyot o a cordone speronato per chardonnay, semillon, sauvignon blanc, cabrnet franc e sauvignon, merlot e petit verdot. Alberello anche per il pinotage, il vitigno sudafricano per eccellenza, frutto dell’incrocio fra pinot noir e cinsault. Terreni abbastanza simili ovunque, con una percentuale di limo e di argille rosse prevalente, ma anche con aree con terreni scistosi, più vicine alle montagne ed a maggiori altitudini, più adatte per le varietà a bacca bianca. Esistono anche altre zone dove si fa viticoltura di buon livello, come Wellington o Robertson Valley. O Constantia, all’inizio della Cape Peninsula, dove da moscato d’Alessandria (quello che a Pantelleria chiamano zibibbo) si fa uno fra i più famosi vini dolci passiti del mondo. Ma resta il fatto che le zone più importanti sono le prime tre, sia per quantità prodotta sia per qualità dei vini.

La scelta di visitare le cantine del gruppo Rupert è stata determinata dall’ascesa imponente che i loro vini hanno avuto negli ultimi anni, tanto da portarli ad essere tra i migliori in assoluto nel panorama sudafricano, anche in virtù di uno stile di vinificazione particolarmente felice, con poche o nessuna concessione al cosiddetto “stile internazionale” e basato invece su una ricerca molto coerente di equilibrio gustativo e di caratteristiche territoriali che vengono espresse in modo molto preciso, tanto da consentire una definizione di terroir per i vini di maggiore prestigio. Johann Rupert è poi uno dei maggiori imprenditori del Sud Africa e possiede aziende in molti paesi del mondo, quasi tutte nel settore del lusso. Cartier, Piaget, Vacheron Constantin, Panerai, sono tutte controllate da lui. E’ un uomo schivo e gentile, molto diverso dalla figura imprenditoriale un po’ debordante che molti di noi hanno. Grande sostenitore di Nelson Mandela, un ritratto ad olio del quale troneggia nel suo appartamento nella tenuta L’Ormarins, nei pressi di Franshhoeck. Soprattutto uomo di rara cultura e sensibilità, socio fondatore del WWF, capace di gesti di filantropia di grande efficacia.
 Dal 2001, anno della scomparsa in un incidente d’auto di suo fratello minore Antonij, che fu il vero artefice con suo padre Anton dell’attività vitivinicola, si occupa anche delle cantine di famiglia. Da diverso tempo ha persino intitolato la linea di maggior prestigio proprio a lui, ed è nata la Antonij Rupert Wines, con sede a Franshhoeck, ma che ha vigneti in molte regioni vinicole del Sud Africa. Accanto ad essa ci sono le aziende Cape of Good Hope, Terre del Capo e Protea, i vini delle quali sono vinificati sempre nella cantina centrale, che si trova a L’Ormarins e che funge da centro produttivo per tutte quante. In più, non ancora con una propria linea di produzione, ci sono le vigne di Riebeek Creek, piantate con varietà tipiche del Rodano, che si trovano a circa centocinquanta di chilometri a nord di Cape Town. Accanto a tutto questo c’è poi la Rupert & Rothschild Vignerons, joint-venture a Paarl con la Edmond de Rothschild, oggi nelle mani di Benjamin de Rothschild, proprietario in Haut-Medoc di Chateau Clarke e di altre splendide tenute vinicole in Argentina e in Nuova Zelanda, e cantina “sorella” delle altre ma con una gestione completamente autonoma. Come autonoma è La Motte, altra azienda, stavolta di proprietà della sola Hanneli Rupert, sorella di Johann, che si trova sempre a Franshhoeck, a meno di un chilometro da L’Ormarins.

Le degustazioni che presenteremo nei prossimi giorni riguardano i vini delle aziende Antonij Rupert Wines, Cape of Good Hope, Terre del Capo e Rupert & Rothschild Vignerons, divisi per ogni cantina e preceduti da una breve introduzione esplicativa dedicata ad ognuna delle aziende alle quali appartengono. In tutto i vigneti arrivano a coprire una superficie di 370 ettari, più 110 della Rupert & Rothschild Vignerons. La produzione finale è di circa due milioni e mezzo di bottiglie all’anno, comprendendo i due gruppi.





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