La carica simbolica della XI.I Samhain

di Alessandro Brizi 28/10/16
1967 |
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La carica simbolica della XI.I Samhain

“L’autorità reale è sospesa, il re subisce la morte rituale…è annegato in una botte”. La frase, apparentemente criptica, è un’iscrizione su una stele del IV secolo d.C. che si trova nell’Isola di Man e descrive uno dei momenti rituali della festa di Samhain, il capodanno celtico, noto oggi come Halloween. Un giorno speciale, caratterizzato dalla sospensione del potere temporale; una notte fuori dal tempo, in cui i mondi dei vivi e quello dei morti si incontrano, confondendosi completamente. Lo storico britannico Thomas George Eyre Powell, nel suo libro del 1958 “The Celts”, interpreta “il nome Samhain come riunione”, fornendo un valore pastorale e agricolo alla festa, contraddistinta, peraltro, da tanti cibi e bevande rituali, tra cui la birra.

Samhain significa letteralmente “la fine dell’estate” e coincide infatti con il tempo dell’ultimo raccolto, dell’inizio del buio, della stagione scura. Qualsiasi ortaggio, frutto o tubero maturo non raccolto dopo la celebrazione era di proprietà degli spiriti della terra, anche se era permesso piantare e cogliere i nuovi prodotti, quasi sempre rape o zucche. Così, il cibo che veniva consumato durante Samhain, oggi tra il 31 ottobre e il 1° novembre, era non solo abbondante ma dalla forte carica apotropaica, al pari dei fuochi tenuti accesi durante tutta la notte e dei racconti sul piccolo popolo e sui defunti. La tradizione statunitense del dolcetto o scherzetto (trick or treat) di Halloween è infatti legata all’usanza di offrire cibo ai morti per ricordare loro l’affetto nutrito durante la parentesi terrena; non è un caso che in molte famiglie contadine irlandesi, ancora oggi, vengano lasciati per tutta la notte, accanto al camino, un piatto di porridge, una misura di tabacco e diverse sedie. Mele, carne di maiale e birra erano i tre elementi principali del pasto rituale, oltre al vino, qualora disponibile, l’immancabile burro e le rape anziché le zucche; la storia alla base di Halloween, quella di Jack O’Lantern che ingannò più volte il diavolo, prevedeva originariamente una rapa svuotata con una candela dentro e non una zucca.A ricordare Samhain nel mondo brassicolo ci pensa la Brasserie Lancelot, piccola realtà artigianale bretone, con sede a Roc-Saint-André, all’interno di un’ex miniera d’oro e di stagno. Fondata nel 1989 da Bernard Lancelot, ingegnere nucleare convertito prima all’apicoltura e poi alla produzione della birra, questa brasseria si è sempre distinta per una gamma di etichette legate alla storia e alla cultura della Bretagna, a quel puro retaggio celtico che ancora oggi si respira ovunque in questo angolo occidentale di Francia. Fiore all’occhiello di tale produzione, tutta artigianale, caratterizzata da birre non filtrate, rifermentate in bottiglia e pari a non più di 30mila ettolitri, è la XI.I Samhain, una barley wine dalla forte carica simbolica.


La XI.I Samhain, dove i numeri romani ricordano la percentuale di alcol presente, viene infatti brassata, ogni anno, solamente il 31 ottobre, per poi essere commercializzata sei settimane più tardi, in coincidenza con il solstizio d’inverno. Le suggestioni alla base di questa birra sono tante: non solo viene prodotta nel giorno più importante del calendario celtico, quello che chiude il semestre della luce per aprire quello del buio, ma è pronta e bevibile solo dopo il giorno in cui il sole ha raggiunto il suo punto minimo di declinazione lungo l’ellittica, ovvero quello più corto dell’anno. Così l’anima scura e impenetrabile della XI.I Samhain altro non è se non l’immagine di quella ruota del tempo che per i Celti governava uomini, raccolti, gesta e pensieri; un sorso pieno e corposo che riscalda cuori e menti durante il lungo inverno, aspettando la festa di Beltaine, ma di questo ne riparleremo a ridosso di maggio… per ora buon Samhain a tutti.

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